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Tra alti e bassi
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Global Fixed Income Bulletin
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novembre 21, 2024
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Nel mese di ottobre, il mercato obbligazionario ha registrato notevoli oscillazioni in seguito al taglio dei tassi d’interesse di 50 punti base (pb) operato dalla Federal Reserve (Fed) a settembre. L’iniziale ottimismo sulla decisione della Fed non è durato molto, in quanto la solidità dei dati economici ha provocato una forte correzione nel mercato dei tassi. L’opinione prevalente è stata che il ritmo dei tagli dei tassi d’interesse potrebbe non essere sostenibile, soprattutto alla luce dell’apparente diminuzione dei rischi di recessione. Il cambiamento delle aspettative è coinciso l’avvicinarsi delle elezioni americane e con l’aumento delle voci di una possibile vittoria di Trump, che hanno contribuito a spingere fortemente al rialzo i rendimenti dei Treasury statunitensi. In particolare, il rendimento del titolo decennale è aumentato di 50 pb nel corso del mese.1
Questa tendenza non è rimasta confinata agli Stati Uniti: i rendimenti dei titoli di Stato di tutto il mondo hanno registrato un momentum in crescita. In Germania, il tasso a 10 anni è aumentato di 27 pb, mentre nel Regno Unito di 44 pb.2 Altri movimenti degni di nota sono stati gli aumenti di 53 pb in Australia, di 52 pb in Sudafrica e di 73 pb in Messico.3 Il dollaro statunitense ha beneficiato dell’aumento dei rendimenti, apprezzandosi del 3,2% rispetto a un paniere di valute.4 Nonostante l’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato, gli spread creditizi hanno continuato a restringersi; le obbligazioni high yield hanno sovraperformato quelle investment grade e i mercati dell’area Euro hanno fatto meglio di quelli statunitensi.
Le prime reazioni dei mercati dopo la vittoria di Trump e un potenziale “sweep” dei Repubblicani
All’indomani della vittoria di Trump e del possibile “sweep” dei Repubblicani, la risposta dei mercati finanziari non si è fatta attendere. Il rendimento del Treasury statunitense decennale è salito al 4,43% circa, un aumento di 14 pb rispetto alla fine di ottobre. La curva dei rendimenti statunitense si è irripidita a causa di un aumento dei tassi nella parte lunga, con lo spread 2/10 anni (la differenza tra i Treasury a 10 e a 2 anni) in aumento di 7 pb e lo spread 5/30 anni in salita di 4 pb. Questo fenomeno ha interessato tutti i mercati sviluppati, con un aumento dei rendimenti di 10 pb in Germania, di 6 pb in Giappone, di 9 pb nel Regno Unito e in Canada e di 13/14 pb in Australia e Nuova Zelanda. Sul fronte opposto, i mercati emergenti hanno registrato un calo generalizzato dei rendimenti.
Dopo la rielezione di Trump, il dollaro statunitense ha guadagnato quota, soprattutto nei confronti dell’euro. Anche i titoli azionari hanno mostrato performance solide. Le azioni delle società nazionali small cap e i settori ciclici hanno sovraperformato, mentre le azioni europee, cinesi e dei mercati emergenti hanno rallentato. Nei mercati del credito, sia gli spread investment grade che quelli high yield si sono ristretti, raggiungendo i livelli più bassi dal 2005. Nel complesso, la reazione iniziale del mercato suggerisce un quadro rialzista, spinto dall’aspettativa di stimoli fiscali e deregolamentazione sotto l’amministrazione Trump, il che indica uno spostamento della fiducia degli investitori verso gli attivi più rischiosi.
Prospettive per il mercato obbligazionario
Durante i mesi estivi abbiamo assistito a un mercato obbligazionario in salute, ma ad ottobre la situazione è peggiorata. Il rendimento del Treasury USA a 10 anni è salito di circa 50 pb, portando alla peggiore performance mensile del mercato obbligazionario dal terzo trimestre del 2022. Ciò ha spinto i rendimenti da inizio anno sotto a quelli della liquidità e della maggior parte degli altri segmenti, ad eccezione dell’high yield e dei prestiti. Si è trattato di un fenomeno particolarmente insolito se si considera che si è verificato a ridosso del taglio dei tassi di 50 pb operato dalla Fed. È probabile che questa performance altalenante continui, visto che la vittoria sorprendentemente schiacciante di Donald Trump e del Partito Repubblicano alle recenti elezioni statunitensi apre le porte a una volatilità ancora maggiore a livello macroeconomico, politico e dei tassi.
Dopo che i dati estivi peggiori del previsto sul mercato del lavoro statunitense hanno spinto la Fed a tagliare i tassi di 50 pb, ad agosto e settembre si è assistito a un recupero, con il tasso di disoccupazione in calo dal 4,3% al 4,1%.5 Inoltre, i dati relativi all’economia reale hanno continuato a crescere. Il prodotto interno lordo (PIL) è cresciuto a un tasso annualizzato di quasi il 3% nel terzo trimestre,6 e si prevede che la crescita nel quarto trimestre si aggirerà intorno al 2,5%. Sebbene sia innegabile che abbiano subito un rallentamento, le assunzioni non sono del tutto crollate, e la debolezza può essere attribuita al loro consueto andamento altalenante e ai timori per l’esito delle elezioni presidenziali. Più che la sola debolezza della domanda, è stato l’aumento dell’offerta di manodopera a far crescere la disoccupazione nell’ultimo anno. In futuro, ci aspettiamo di vedere una maggiore stabilità e un minore deterioramento dell’occupazione, e ciò lascia supporre che la Fed non avrà bisogno di tagliare aggressivamente i tassi d’interesse nei prossimi 12 mesi. Giunti agli inizi di novembre, riteniamo ipotizzabile un ulteriore taglio dei tassi per il 2024, che porterebbe il limite superiore del tasso dei Fed Funds al 4,5%.
Detto questo, gli occhi sono ora puntati sulle ripercussioni delle elezioni americane di novembre. La reazione immediata del mercato di mercoledì 6 novembre è stata chiara. I risultati sono stati: ottimi per le azioni; eccezionali per i titoli finanziari; buoni per il credito; pessimi per i Treasury USA; non così buoni per le obbligazioni del resto del mondo; buoni per il dollaro statunitense. Questo andamento mostrato dai prezzi delle asset class appare logico alla luce del programma politico di Trump e dei Repubblicani. Resta da vedere come si muoveranno i mercati in caso di cambiamenti legislativi ed economici. Uno degli interrogativi è il seguente: in quale misura verranno aboliti l’Inflation Reduction Act e il CHIPS and Science Act? Queste leggi sono state estremamente positive per l’economia statunitense e se i Repubblicani elimineranno tali programmi senza sostituirli, la politica fiscale potrebbe essere meno espansiva del previsto, esercitando minori pressioni sull’inflazione e sulla Fed.
Non vi è dubbio che la vittoria dei Repubblicani alle elezioni di novembre abbia nuovamente cambiato i calcoli circa la futura direzione dei mercati obbligazionari. Già prima delle elezioni non era chiara l’entità dell’allentamento della Fed, vista la sorprendente forza dell’economia statunitense. Ciò soprattutto perché i recenti tagli dei tassi della Fed sono stati più un’espressione della volontà di normalizzare i tassi che non di una mossa volta a contrastare i timori di un’imminente debolezza economica. La necessità di questa impostazione proattiva, già messa in discussione prima della chiamata alle urne, è ancora più incerta dopo le elezioni.
Le elezioni hanno dato alla prossima amministrazione Trump non solo un Congresso probabilmente a controllo repubblicano (alla data di redazione di questo articolo, la guida della Camera è ancora incerta, ma fortemente sbilanciata a favore dei Repubblicani), ma anche un notevole margine di manovra per l’implementazione di vari punti dell’agenda Trump, come dichiarato nelle proposte di legge e nei proclami lanciati in campagna elettorale. Quanto di questo sarà effettivamente implementabile è da vedere. Ci vorranno alcuni mesi per fare chiarezza, e ciò dipenderà da tutta una serie di fattori, tra cui la scelta del personale e la prioritizzazione delle leggi. Nel frattempo, il mercato si baserà sull’agenda così come è attualmente compresa: tagli alle tasse (sia nuovi che tramite la proroga di quelli del 2017), dazi (e potenziali guerre commerciali), deregolamentazione e immigrazione (riduzione dei flussi e possibile aumento delle deportazioni). Per costruirsi un’idea più concreta della traiettoria dell’inflazione e della crescita, i mercati attenderanno maggiori dettagli sulle priorità legislative ed esecutive della nuova amministrazione e sulla tempistica e l’attuazione di queste leggi.
La reazione iniziale del mercato è stata di scontare un ulteriore taglio per il 2025. Si tratta di una reazione ragionevole, a nostro avviso, ma resta da vedere quanto ancora deve essere scontato. Le implicazioni per le altre banche centrali mondiali sono meno chiare. La reazione iniziale del 6 novembre è stata rialzista: l’agenda Trump dovrebbe essere positiva per la crescita e l’inflazione negli Stati Uniti, ma negativa per la crescita in altri Paesi, il che significa che le banche centrali al di fuori degli Stati Uniti potrebbero intensificare il percorso di allentamento. E ciò ha portato a un distinto irripidimento delle curve dei rendimenti. Pur comprendendo questa reazione, non siamo sicuri che sia del tutto corretta. Il rafforzamento del dollaro statunitense, l’aumento dei dazi e la minore efficienza di allocazione delle risorse sono intrinsecamente inflazionistici. L’impatto sulla crescita potrebbe essere negativo. Le domande sono: cosa viene prima e cosa è ritenuto peggiore dal punto di vista della politica monetaria? È probabile che ciò complicherà i percorsi di riduzione dei tassi delle banche centrali di tutto il mondo. Abbiamo già visto le banche centrali norvegesi e indonesiane posticipare il taglio dei tassi d’interesse per via della debolezza della moneta nazionale (benché non direttamente legata al successo elettorale repubblicano).
In termini di impatto sui rendimenti obbligazionari, possiamo aspettarci quanto segue: ulteriori pressioni al rialzo sui rendimenti, curve dei rendimenti più ripide a causa delle pressioni inflazionistiche e aumento dei premi al rischio. Riteniamo che la nuova soglia minima di rendimento dei Treasury statunitensi a 10 anni sarà probabilmente pari al 4%, e quella massima al 5%, il valore più elevato del 2023.
I mercati del credito stavano andando bene prima delle elezioni e hanno conseguito una performance ancora migliore nei giorni successivi. Questa risposta iniziale è comprensibile in quanto il rafforzamento dell’economia statunitense porta a un miglioramento dei flussi di cassa e la deregolamentazione e il protezionismo aiutano gli utili statunitensi (quantomeno in termini aggregati). Tuttavia, l’impatto a lungo termine è meno scontato. Le maggiori opportunità e il maggiore margine di manovra normativo di solito portano a comportamenti più rischiosi e a una maggiore leva finanziaria, due fattori che tendono a non favorire i creditori. Con spread creditizi alquanto compressi (costosi rispetto alle medie storiche, ma non sopravvalutati), le opportunità rimangono interessanti, ma non ci aspettiamo rendimenti particolarmente elevati.
La nostra strategia per il mercato creditizio si concentra sull’evitare società problematiche e sul generare quanto più rendimento di portafoglio possibile senza correre rischi eccessivi. Non vi è motivo di credere che gli spread si allargheranno di molto in presenza di una crescita economica discreta e di banche centrali intenzionate a ridurre i tassi d’interesse. Gli acquisti orientati al rendimento dovrebbero contenere l’ampliamento degli spread. Confermiamo un modesto sovrappeso sul credito nei nostri portafogli, prediligendo i titoli di qualità creditizia superiore.
Difficilmente le obbligazioni dei mercati emergenti prospereranno sotto un governo repubblicano guidato da Trump. Una crescita più forte, ma con tassi più elevati e legami commerciali globali più deboli, di solito non porta a performance importanti nei mercati emergenti. Detto questo, riteniamo che i Paesi con solide prospettive economiche, una crescita discreta, un’inflazione in calo e una banca centrale in grado di tagliare i tassi di interesse e disposta a farlo nonostante i cambiamenti di politica economica degli Stati Uniti probabilmente otterranno buoni risultati. La scelta dei titoli e la selezione geografica rimangono fondamentali. Continuiamo a evitare le obbligazioni messicane e brasiliane poiché i rispettivi mercati sono alle prese con incertezza politica (Messico), rischi fiscali (Brasile) e le politiche di Trump.
Nonostante il clamore e l’incertezza in arrivo da Washington, riteniamo che le opportunità più interessanti rimangano nel credito cartolarizzato, in particolare nei titoli garantiti da ipoteca statunitensi. Le famiglie statunitensi con un elevato merito creditizio presentano bilanci solidi, e questo dovrebbe continuare a favorire il credito al consumo e gli aspetti ad esso legati, in particolare a fronte della stabilità dei prezzi delle abitazioni. Anche i cambiamenti nella politica fiscale degli Stati Uniti dovrebbero generare dinamiche di sostegno. I titoli ipotecari di agenzia statunitensi con cedola più elevata rimangono relativamente interessanti rispetto alle obbligazioni societarie investment grade e riteniamo che abbiano buone probabilità di sovraperformare i Treasury statunitensi. Analogamente al nostro posizionamento nel credito societario, puntiamo ad aumentare la qualità delle nostre esposizioni al credito cartolarizzato e cerchiamo di abbandonare le strutture non statunitensi, dati gli spread più ristretti e i maggiori rischi macroeconomici in Europa. Un segmento del credito cartolarizzato vulnerabile a un potenziale cambiamento della politica della Fed è rappresentato dai titoli garantiti da ipoteche commerciali (CMBS). Qualora i tassi d’interesse non dovessero diminuire di quanto previsto, il rifinanziamento di molte operazioni garantite dagli uffici statunitensi diventerà problematico. In generale continuiamo a evitare questo settore.
Nei mercati valutari, le prospettive del dollaro statunitense sono migliorate dopo l’elezione di Trump. Le politiche fiscali più accomodanti, la politica monetaria più restrittiva (rispetto alle attese), le guerre commerciali e il rafforzamento della crescita statunitense sono tutti fattori che depongono a favore. Tuttavia, una nota negativa a questo scenario ottimista è l’inattesa debolezza dell’occupazione statunitense. Un ulteriore peggioramento consentirà alla Fed di continuare a tagliare i tassi d’interesse, sempre che l’agenda di Trump non sconvolga il quadro inflazionistico. L’economia statunitense continua a distinguersi in quanto a traiettoria di crescita, produttività, utili e livello dei rendimenti. È un’impresa ardua per le altre valute battere questi fondamentali.
Tassi d’interesse/Tassi di cambio dei mercati sviluppati
Rassegna mensile
Ad ottobre i rendimenti obbligazionari dei mercati sviluppati sono aumentati grazie a dati economici migliori del previsto. Il rapporto sull’occupazione di settembre, pubblicato all’inizio di ottobre, ha mostrato che l’economia statunitense ha creato 254.000 nuovi posti di lavoro nel corso del mese, con aumenti generalizzati in tutti i settori. Il tasso di disoccupazione è sceso al 4,1%. Le preoccupazioni riguardanti una seria debolezza del mercato del lavoro hanno quindi iniziato ad attenuarsi. Similmente, il rapporto sull’inflazione di settembre è stato migliore del previsto, anche se gli investitori sono stati incoraggiati dalla moderazione delle componenti legate ai prezzi degli alloggi, in particolare gli affitti equivalenti dei proprietari.
Con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali statunitensi, i mercati hanno cominciato a valutare i potenziali risultati e le rispettive implicazioni per l’economia globale e i listini. Il dollaro statunitense si è apprezzato per via delle prospettive sul commercio internazionale, mentre è aumentata la volatilità di valute come il renminbi cinese. Anche i rendimenti delle scadenze più lunghe sono aumentati, in quanto gli investitori hanno rivalutato le prospettive fiscali e il loro impatto sui mercati obbligazionari. Al di fuori degli Stati Uniti, i dati sull’inflazione hanno sorpreso al rialzo in Europa, mentre i dati sull’attività e gli indici PMI hanno evidenziato un contesto economico più resiliente.
Sul fronte valutario, il dollaro si è apprezzato nei confronti delle principali valute, invertendo la precedente debolezza, mentre i differenziali di tasso tra gli Stati Uniti e il resto del mondo si sono ampliati. Lo yen giapponese, sensibile all’andamento dei tassi, si è indebolito del 6% rispetto al dollaro, nonostante il flusso di notizie incoraggianti sul prossimo ciclo di negoziazioni salariali. Il dollaro neozelandese ha sottoperformato a causa del taglio dei tassi di 50 pb da parte della Reserve Bank of New Zealand, che ha adottato un approccio espansivo dinanzi alla debolezza delle prospettive economiche locali. L’euro è stata la valuta più resiliente tra quelle del G10. Confermiamo l’orientamento positivo sul dollaro australiano rispetto al dollaro canadese, visti i fondamentali economici favorevoli.
Prospettive
Abbiamo un posizionamento di duration neutrale nei mercati sviluppati, Giappone escluso, e manteniamo le nostre posizioni orientate a un irripidimento delle curve, in particolare negli Stati Uniti. Tra i mercati, sottopesiamo la duration negli Stati Uniti. Le valutazioni dei Treasury statunitensi e le aspettative circa la Fed appaiono ancora elevate rispetto ad altri mercati e banche centrali. In particolare, sottopesiamo i Treasury statunitensi rispetto ai titoli di Stato neozelandesi e ai Gilt britannici, anche se siamo passati a un posizionamento neutrale sul Canada rispetto agli Stati Uniti. Continuiamo a sottopesare i titoli di Stato giapponesi e siamo lunghi sui titoli giapponesi indicizzati all’inflazione, poiché riteniamo che l’inflazione nipponica stia accelerando in maniera strutturale e che ciò porterà la Banca del Giappone ad aumentare i tassi d’interesse più di quanto attualmente previsto dal mercato.
Tassi d’interesse e di cambio dei mercati emergenti
Rassegna mensile
A ottobre, il debito dei mercati emergenti ha registrato performance negative. L’incertezza riguardante le elezioni americane ha spinto al rialzo i rendimenti statunitensi, segnando un ritracciamento rispetto al rally del terzo trimestre, mentre il dollaro si è rafforzato. In generale, le valute emergenti hanno sofferto e gli spread del credito sovrano e societario si sono compressi. Le più colpite sono state le valute latino-americane: peso cileno, peso colombiano e real brasiliano hanno perso fortemente terreno a causa del calo dei prezzi delle materie prime e dei timori di un cambiamento nella politica monetaria della Fed. Il peso uruguaiano si è apprezzato sulla scia dei risultati positivi delle elezioni generali, che hanno fatto naufragare una controversa riforma delle pensioni. Gli incontri autunnali del FMI, avvenuti a Washington, hanno discusso sulle elezioni americane a più riprese e sulla crescita globale, che dovrebbe essere stabile e modesta. L’effetto delle misure di stimolo coordinate della Cina, annunciate a settembre, è andato scemando nel corso del mese, in quanto lo yuan cinese ha perso quota e l’indice MSCI China Equity ha ceduto quasi il 6%. Gli afflussi di capitali sono diventati negativi per i fondi in valuta forte, rimanendo invece invariati nei fondi in valuta locale. Da inizio anno la classe di attivo continua a registrare deflussi, anche se non così accentuati come nei due anni precedenti.7
Prospettive
L’incertezza legata alle elezioni statunitensi sta causando un certo grado di volatilità a livello macro, ma il debito dei mercati emergenti offre numerose opportunità. Quest’anno la Fed dovrebbe continuare a tagliare i tassi, sostenendo così le banche centrali dei mercati emergenti. Sovrappesare in modo selettivo i tassi locali di questi Paesi sarà un buon punto di partenza quando le rispettive banche centrali taglieranno i tassi. In generale, guardiamo fuori dal benchmark, cercando Paesi che stanno apportando cambiamenti strutturali e riforme valide. Diversificando l’esposizione al di là dei Paesi emergenti a beta elevato, che hanno maggiori probabilità di essere soggetti alle oscillazioni del mercato, possiamo concentrarci sui fondamentali dei Paesi e sulle politiche in grado di determinare le performance degli attivi dei mercati emergenti. Si tratta di un approccio che varia significativamente da un Paese all’altro, pertanto l’analisi a livello dei singoli Paesi è fondamentale per individuare le opportunità migliori.
Credito societario
Rassegna mensile:
Il sostanziale restringimento degli spread degli swap europei ha portato a una compressione degli spread dei titoli europei investment grade rispetto ai rendimenti delle obbligazioni governative, ma con un livello finale leggermente più alto rispetto agli swap, mentre il settore investment grade europeo ha sovraperformato l’omologo statunitense nel mese in esame. I rendimenti dei titoli di Stato dei Paesi sviluppati sono saliti in quanto i dati economici solidi e quelli sull’inflazione hanno portato gli investitori a ridimensionare le proprie aspettative circa il ritmo e la portata dei tagli dei tassi. Il clima di fiducia è stato determinato da diversi fattori. In primo luogo, sul fronte dei dati europei, la crescita del PIL del terzo trimestre ha sorpreso in positivo, con la Spagna che ha continuato a sovraperformare e con i consumatori tedeschi che hanno inaspettatamente aiutato il Paese a evitare una recessione. L’inflazione calcolata sull’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) dell’Area Euro è balzata dall’1,7% di settembre al 2,0% di ottobre, e l’inflazione core (2,7% su base annua) ha superato le aspettative. La BCE ha tagliato i tassi di 25 pb come previsto. Sia il comunicato che la conferenza stampa a margine hanno segnalato una svolta leggermente espansiva del Consiglio direttivo. Nel Regno Unito, il nuovo governo laburista ha presentato il bilancio autunnale. Le politiche sono risultate sostanzialmente in linea con le aspettative del mercato, ma i Gilt britannici hanno perso terreno e hanno sottoperformato i titoli di altri mercati sviluppati a causa di ulteriori timori legati all’offerta e all’inflazione. Nonostante la resilienza dei consumi e la forza del mercato del lavoro emerse dai dati statunitensi, i dati dell’indagine JOLTS hanno disatteso le aspettative. Gli utili societari sono stati contrastanti, ma le stime relative all’intero esercizio fiscale sono state perlopiù confermate e non abbiamo riscontrato grandi cambiamenti nelle allocazioni di capitale. Ci sono state alcune eccezioni, come il settore delle auto e dei beni di lusso, dove gli utili sono stati deboli. Infine, le emissioni primarie di ottobre sono state pari a EUR 40 miliardi, collocandosi nella fascia alta delle aspettative, e sono state bene assorbite. Nonostante l’offerta superiore alle attese, la domanda degli investitori per gli attivi rischiosi è stata forte, con ampi volumi di ordini di nuove emissioni e premi per nuove emissioni limitati.
La performance dei mercati high yield statunitensi e globali ha subito un rallentamento a ottobre a causa del forte aumento mensile dei rendimenti dei Treasury statunitensi. A fine mese, lo spread medio dei titoli high yield ha raggiunto i minimi post-crisi finanziaria, assorbendo parzialmente il rialzo dei rendimenti dei Treasury. In un tale contesto, i segmenti high yield di minore qualità e con duration più breve hanno generalmente sovraperformato in ottobre. Le condizioni tecniche dell’high yield sono rimaste solide nel mese in esame, sostenute dal calo delle emissioni primarie e da ulteriori afflussi nella classe di attivo. Il tasso di insolvenza equiponderato degli ultimi 12 mesi, inclusi gli scambi di crediti deteriorati, ha continuato a diminuire nel mese.8
Le obbligazioni convertibili globali hanno messo a segno un modesto rialzo nel periodo, ma le performance sono state in gran parte determinate da un singolo emittente del settore informatico. Si tratta di una società di sviluppo software con sede negli Stati Uniti che è la più grande detentrice di bitcoin al mondo a livello aziendale e la seconda componente dell’indice FTSE Global Focus Convertible (USD Hedged). La posizione nell’indice è aumentata del 35% circa nel corso del mese, grazie all’andamento positivo della criptovaluta in ottobre. Le forti performance di questo singolo emittente hanno aiutato la classe di attivo a sovraperformare sia l’azionario che l’obbligazionario globale durante il mese. Le nuove emissioni sono state nuovamente elevate ad ottobre, ma sono state in gran parte legate a una grande società statunitense che ha emesso un’obbligazione privilegiata con conversione obbligatoria da 5 miliardi di dollari. In totale, nel corso del mese sono stati collocati titoli per USD 11,1 miliardi, che hanno portato le emissioni da inizio anno a USD 94,2 miliardi. Si tratta di un aumento del 45% rispetto allo stesso periodo del 2023.
Prospettive
Guardando al futuro, il nostro scenario di base sul credito resta ottimistico, sostenuto dalle aspettative di un “soft landing”, da una politica fiscale che continua a sostenere crescita/occupazione/consumi e da fondamentali aziendali solidi. Nel quarto trimestre il calo delle emissioni lorde, unitamente a una forte domanda per il rendimento “all-in” offerto dal credito IG, dovrebbero creare una dinamica tecnica favorevole. Per quanto concerne gli spread creditizi, riteniamo che il mercato offra del valore, ma consideriamo il carry come il principale driver di rendimento. Data l’incertezza del quadro dei fondamentali a medio termine, nutriamo una minore fiducia in un sostanziale restringimento degli spread.
Le nostre prospettive per il mercato high yield sono migliorate. Le probabilità di un soft landing sono aumentate e sembra anche che la maggioranza degli operatori di mercato condivida tale convinzione. A fine ottobre questo scenario appare quasi completamente scontato. I catalizzatori che potrebbero compromettere questo scenario sono sempre presenti e resteremo concentrati su di essi per poter portare la nostra strategia a sovraperformare, qualora le condizioni di mercato dovessero peggiorare. I catalizzatori in questione includono gli effetti ritardati delle politiche restrittive, le condizioni economiche, la salute dei consumi e le condizioni fondamentali degli emittenti high yield. Il mercato high yield ha chiuso il mese di ottobre con uno spread medio vicino ai minimi post-crisi finanziaria globale, raggiunti a metà mese, e un rendimento medio storicamente interessante che ha chiuso ottobre in salita di 34 pb.9
Rimaniamo ottimisti circa le prospettive per il mercato globale delle obbligazioni convertibili man mano che avanziamo nel quarto trimestre. Riteniamo che le obbligazioni convertibili globali offrano attualmente il loro tradizionale profilo bilanciato di partecipazione ai rialzi azionari e di protezione in caso di ribassi. Le nuove emissioni sono state consistenti e ci aspettiamo che rimangano tali nonostante i tagli dei tassi d’interesse da parte delle banche centrali globali e la possibile volatilità dovuta alle presidenziali statunitensi e alle crescenti tensioni geopolitiche. Un profilo di rendimento asimmetrico più tradizionale, unito all’aspettativa di nuove emissioni, continua a farci guardare con ottimismo alle prospettive del mercato globale delle obbligazioni convertibili nel corso dei prossimi mesi.
Prodotti cartolarizzati
Rassegna mensile
Gli spread dei titoli garantiti da ipoteche (MBS) statunitensi di agenzia sono aumentati di 24 pb in ottobre, portandosi 154 pb sopra i rendimenti dei Treasury. Gli spread degli MBS di agenzia sono aumentati di 15 pb da inizio anno. Se consideriamo la notevole compressione degli spread avvenuta in altri settori del credito, gli MBS di agenzia rimangono uno dei pochi segmenti obbligazionari con valutazioni interessanti. A ottobre, le posizioni in MBS della Fed si sono ridotte di 16 miliardi di dollari, scendendo a 2.258 trilioni, e sono ora 438 miliardi di dollari più basse rispetto al picco del 2022. Le disponibilità di MBS delle banche statunitensi sono aumentate di USD 23 miliardi, arrivando a USD 2.66 trilioni a ottobre, riprendendo il trend rialzista. Tuttavia le disponibilità di MBS delle banche restano in calo di circa USD 328 miliardi dall’inizio del 2022.10 Gli spread del credito cartolarizzato hanno mostrato risultati disomogenei, ma sono rimasti sostanzialmente invariati nel mese in esame. Le emissioni di titoli cartolarizzati sono rimaste solide a ottobre e l’offerta continua ad essere ben assorbita andando incontro a una forte domanda. Rispetto agli altri settori obbligazionari, i crediti cartolarizzati hanno registrato una sovraperformance. Tale sovraperformance è dovuta all’effetto combinato della duration dei tassi d’interesse relativamente bassa – quindi meno esposta alla correzione dei tassi – e dell’elevato carry dei flussi di cassa di questi titoli, che ha contribuito a compensare l’impatto negativo dell’andamento dei tassi. Da inizio anno, grazie all’elevato carry dei flussi di cassa, il credito cartolarizzato ha sovraperformato la maggior parte degli altri settori di qualità creditizia comparabile.
Prospettive
Prevediamo che dopo le elezioni gli spread degli MBS statunitensi di agenzia si restringeranno grazie al calo della volatilità, correggendo l’ampliamento di ottobre, ma ci aspettiamo che gli spread dei titoli cartolarizzati si stabilizzino sui livelli attuali. La domanda rimane generalmente elevata, ma riteniamo che sarà difficile vedere un restringimento sostanziale degli spread rispetto ai valori attuali. I settori del credito cartolarizzato sono stati tra quelli che nel 2024 hanno realizzato le performance migliori. Abbiamo notato un inizio di normalizzazione delle performance e riteniamo che questa tendenza proseguirà nei prossimi mesi. Riteniamo inoltre che per la maggior parte del 2024 i tassi continueranno a oscillare in un intervallo ristretto e che nei prossimi mesi i rendimenti proverranno essenzialmente dal carry dei flussi di cassa. Restiamo del parere che i livelli dei tassi attuali rappresentino un problema per molti debitori e che continueranno a erodere i bilanci delle famiglie, mettendo sotto pressione alcuni ABS dei beni di consumo, in particolare quelli che riguardano debitori con redditi bassi. Anche il settore degli immobili commerciali continua a risentire dagli attuali tassi di finanziamento, tuttavia questo impatto dovrebbe andare a scemare di pari passo con il probabile abbassamento dei tassi nei mesi a venire. Il settore dei titoli garantiti da ipoteche residenziali è per ora, a nostro avviso, quello che offre le opportunità più interessanti in tutte le fasce di rating, mentre siamo più cauti nei confronti degli ABS e dei CMBS con rating più basso. Rimaniamo moderatamente ottimisti sulle valutazioni degli MBS di agenzia, che restano interessanti rispetto agli spread delle società investment grade e ai loro spread storici.