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Si sta scrivendo la storia, e il meglio deve ancora venire
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Global Fixed Income Bulletin
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marzo 19, 2025
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marzo 19, 2025
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Si sta scrivendo la storia, e il meglio deve ancora venire |
Non ci è voluto molto perché Donald Trump e il suo staff di fresca nomina iniziassero ad apportare drastici cambiamenti alle misure politiche, in grado di ridisegnare l’economia globale per molti anni a venire. Per tutto il mese gli investitori obbligazionari hanno beneficiato del calo dei rendimenti dei titoli di Stato globali, esemplificato dalla flessione di 33 punti base (pb) del rendimento decennale statunitense. Anche in Germania si è registrato un calo di 5 pb, mentre in Canada e Australia la discesa è stata di 17 pb. La flessione più pronunciata del rendimento decennale è stata quella del Messico, dove il calo è stato di 60 pb in seguito all’escalation delle tensioni commerciali tra Messico e Stati Uniti. In Giappone, invece, il rendimento a 10 anni è salito di 13 pb, facendo del paese una delle poche economie a registrare un aumento dei rendimenti nel corso del mese. La curva statunitense a 2/10 anni si è appiattita di 12 pb, mentre quella a 10/30 anni si è irripidita di 3 pb.
Il dollaro statunitense si è indebolito nei confronti di un paniere di valute, in particolare cedendo il 3% nei confronti dello yen giapponese e della corona svedese e l’1,5% nei confronti della sterlina britannica. Le valute dei mercati emergenti hanno conseguito performance contrastanti.
Nei mercati del credito, le società europee hanno sovraperformato le omologhe statunitensi. Gli spread dell’high yield europeo si sono ristretti di 10 pb, mentre quelli dell’high yield statunitense si sono allargati mediamente di 19 pb. Anche il credito investment grade statunitense ha visto un allargamento di 8 pb, mentre l’investment grade europeo è rimasto sostanzialmente invariato. Nonostante l’ingente offerta, gli spread del credito cartolarizzato, compresi i titoli ipotecari di agenzia, hanno continuato a restringersi per tutto il mese di febbraio.
Prospettive per il mercato obbligazionario
Da dove cominciare? La situazione è in rapida evoluzione e rimane fluida. Considerata l’ampia portata dei cambiamenti, è possibile che la congiuntura sia di portata storica. Il panorama globale sta subendo una veloce trasformazione, sebbene sia impossibile dire se gli sviluppi saranno positivi o negativi
L’entità dei cambiamenti delle misure politiche avvenuti finora è stata senza precedenti. In poco più di un mese dal suo insediamento, Trump ha dato il via a una valanga di direttive in materia di commercio, politica estera, immigrazione, pubblico impiego, imposte e politiche sociali e ambientali. Sia il ritmo che la direzione di questo fiume in piena non hanno precedenti nella storia moderna del secondo dopoguerra. In particolare, nel giro di solo due giorni, Trump ha annunciato la sospensione degli aiuti militari all’Ucraina, si è schierato con la Russia in un voto delle Nazioni Unite su alcune risoluzioni riguardanti l’Ucraina e ha comunicato l’imposizione di dazi del 25% sulle merci provenienti da Canada e Messico. Queste posizioni stanno provocando reazioni senza precedenti nel resto del mondo. La decisione di sospendere gli aiuti all’Ucraina ha innescato il più grande cambiamento nella politica fiscale tedesca dalla riunificazione e la proposta di un pacchetto di investimenti nella difesa pari a 800 miliardi di euro da parte della Commissione europea. Citando la famosa espressione utilizzata dall’allora presidente della Banca centrale europea (BCE) Mario Draghi durante la crisi del debito sovrano del 2012, il cancelliere tedesco in pectore Merz ha promesso di fare tutto il necessario (“whatever it takes”) per difendere l’Europa, attivandosi a formare una coalizione di governo intenzionata a interrompere 50 anni di rigore fiscale della Germania.
Tutto questo sta generando una volatilità dei mercati finanziari mai vista prima se non durante crisi esogene come quella causata dalla pandemia di Covid-19 o dalla crisi finanziaria globale del 2008. Per fare un esempio, il 3 marzo è stata la migliore giornata per l’azionario tedesco dalla fine del 2022, mentre il giorno successivo, il 4 marzo, è stata la peggiore. Ci sarebbero molti altri esempi, ma la conclusione è che quando il paese più potente del mondo decide di cambiare o rimescolare contemporaneamente le carte del commercio globale, gli assetti geopolitici e la politica fiscale, le ripercussioni sono inevitabili ed è il fenomeno a cui stiamo assistendo oggi nei mercati. Gli investitori vivono una situazione d’incertezza senza precedenti per le ricadute a breve e a lungo termine sull’economia statunitense e globale, sull’assetto politico internazionale e sui listini.
Ciò significa che il consenso iniziale post-insediamento secondo cui le politiche di Trump avrebbero rafforzato la performance economica “eccezionale” degli Stati Uniti è stato compromesso. L’ipotesi che una “put dell’S&P” sulle misure più aggressive avrebbe tenuto Trump sotto controllo non sembra essersi materializzata. La sua volontà di applicare dazi elevati sembra basarsi su due motivi: in primo luogo, aumentare le entrate a costi relativamente bassi (una tesi molto discutibile) e, in secondo luogo, rivoluzionare il commercio globale riducendo l’ampio deficit commerciale degli Stati Uniti, a fronte del fermo rifiuto delle economie con un surplus (cioè Cina e Unione europea) di adottare misure espansive. Se da un lato, a giudicare dal suo primo mandato e dai suoi discorsi durante la campagna del 2024, i mercati sapevano che Trump era favorevole all’uso dei dazi come strumento politico, o perlomeno come minaccia per conseguire altri obiettivi, dall’altro non credevano che li avrebbe imposti nella misura annunciata finora, considerati i possibili rischi di rallentamento della crescita e flessione dei listini negli Stati Uniti. Di fatto, il rischio di una guerra commerciale su larga scala, unitamente a dazi relativamente elevati e alla spinta apparentemente implacabile dell’amministrazione a ridimensionare il governo federale, ha causato un rallentamento dell’economia statunitense e una frenata dei corsi azionari nei primi mesi dell’anno. Il rallentamento dell’economia statunitense nel primo trimestre, ancor prima dell’intensificarsi delle tensioni commerciali, ha sollevato legittimi interrogativi sul suo stato di salute. Si tratta di un rallentamento temporaneo, dovuto a eventi eccezionali – come incendi, ondate di freddo e aumento delle importazioni – che si sono verificati prima dell’applicazione dei dazi annunciati? Oppure, si tratta di un fenomeno più accentuato e duraturo, frutto di un indebolimento dell’azionario statunitense che innervosisce i consumatori, di un rinvio degli investimenti aziendali e di un inasprimento delle politiche fiscali americane (almeno per il 2025)? Per ora, riteniamo che il rallentamento sia temporaneo, a meno che non si scateni una guerra commerciale di gravi proporzioni.
In effetti, contrariamente alle attese dello scorso gennaio, secondo cui la Federal Reserve (Fed) avrebbe operato un unico taglio dei tassi di interesse nel 2025, al momento i mercati prevedono tre tagli nel 2026. I rendimenti delle obbligazioni statunitensi hanno doverosamente seguito le aspettative di una riduzione dei tassi della Fed, sebbene l’inflazione non mostri segni significativi di rallentamento verso l’obiettivo della banca centrale e, sia prima che dopo l’annuncio dell’introduzione dei dazi, si prospetti un aumento dell’inflazione per le famiglie. Visti nuovi timori circa la solidità dell’economia, la Fed è di nuovo chiamata in causa, diversamente da quanto avevamo sostenuto all’inizio dell’anno. Detto questo, poiché sul fronte dell’inflazione le prospettive sono tuttora negative e i dazi rischiano di peggiorare la performance economica nel breve termine, la Fed probabilmente interverrà solo se riterrà che crescita e occupazione siano a rischio. Se il tasso di disoccupazione dovesse continuare a crescere, superando la soglia del 4,4% già indicata come indesiderabile dalla Fed, è probabile che Ia banca centrale provveda a tagliare i tassi. Riteniamo improbabile che la Fed opererà tre tagli dei tassi nel 2025, ma considerato il quadro economico inconsueto e le prospettive sul fronte delle misure politiche, non possiamo escludere la possibilità di un taglio dei tassi prima del previsto. La forte sovraperformance delle obbligazioni denominate in dollari statunitensi nel 2025 rispecchia i timori del mercato che le politiche di Trump possano compromettere la crescita anziché favorirla, almeno per ora, e che le politiche “negative” vengano attuate prima di quelle “positive” (maggiore deregolamentazione e sgravi fiscali). È possibile che Trump implementi per prime le politiche “negative” inerenti alla crescita per affrontare subito le situazioni più spinose e creare i presupposti per una forte ripresa dell’economia nel 2026/2027?
In tal senso, abbiamo assistito a un’inversione di tendenza nell’obbligazionario non statunitense, che ha sottoperformato i Treasury USA. Le aspettative sul versante della crescita e delle politiche fiscali, in particolare in Europa, sono cambiate in risposta agli sviluppi provenienti dagli Stati Uniti. La pressione esercitata sul Vecchio Continente da una crescita inferiore alla media e, aspetto probabilmente più importante, dalla minaccia di Trump a ritirare le garanzie di sicurezza, hanno imposto un cambiamento senza precedenti. Rispetto all’impostazione di appena uno o due mesi fa, l’agenda politica europea sembra puntare all’adozione di politiche fiscali molto più accomodanti ed è probabilmente destinata a un irrigidimento delle politiche monetarie (o perlomeno a una loro svolta in senso meno accomodante). La possibilità di un accordo di pace o della cessazione delle ostilità tra Ucraina e Russia ha inoltre incoraggiato l’ottimismo sul versante dell’economia, in quanto la ricostruzione dell’Ucraina e il riavvicinamento con la Russia verrebbero percepiti come eventi almeno parzialmente positivi. Ciò significa che su entrambe le sponde dell’Atlantico il premio per l’eccezionalismo economico statunitense si sta assottigliando. Le prospettive per l’obbligazionario europeo sono quindi meno chiare, in quanto ai mercati obbligazionari verrà chiesto di assorbire centinaia di miliardi, se non addirittura migliaia di miliardi, di debito aggiuntivo. I dettagli riguardanti la politica fiscale europea, e soprattutto le politiche doganali statunitensi e l’entità delle ritorsioni, non saranno noti prima di diversi mesi ed è possibile che Trump faccia marcia indietro e allenti la pressione se il disagio viene percepito come eccessivo. Ma la svolta storica dell’Europa sul fronte dell’autodifesa e le relative implicazioni sembrano essere fenomeni inarrestabili.
A fronte delle incertezze senza precedenti su queste misure politiche e su questi obiettivi politici, è difficile prevedere gli effetti a breve termine. Il “tira e molla” delle politiche di Trump, unitamente agli obiettivi di politica monetaria della Fed, sembra generare stagflazione, con ricadute ambigue per i rendimenti. Il rendimento dei Treasury statunitensi a 10 anni, vicino al 4%, sembra eccessivamente basso in quanto non esiste ancora prova certa di un rallentamento di entità tale da provocare più tagli dei tassi da parte della Fed. L’indicatore chiave sarà il mercato del lavoro, in particolare le richieste di sussidi di disoccupazione. Qualsiasi segnale indicante che i consumatori, alle prese con l’incertezza, iniziano a stringere la cinghia metterà a repentaglio l’economia alla “Riccioli d’Oro” (né troppo calda, né troppo fredda). Analogamente, la massiccia sottoperformance dell’obbligazionario europeo di quest’anno sembra leggermente prematura, alla luce di quanto sappiamo e del fatto che con ogni probabilità le politiche dell’amministrazione Trump andranno mutando nel corso del tempo. Ma se le recenti tendenze continueranno, la direzione di marcia sembra chiara, ovvero: il desiderio degli Stati Uniti di creare un mondo multipolare dove l’Europa sia responsabile della propria difesa; una politica fiscale globale più accomodante; un sistema commerciale globale rinnovato, dove gli Stati Uniti sono meno disposti a essere il consumatore di ultima istanza e utilizzano i dazi come strumento per raggiungere tale obiettivo; filiere produttive globali rinnovate; un’inflazione più elevata rispetto agli anni precedenti la pandemia, attraverso l’attuazione di politiche populiste in tutto il mondo. E, come previsto, i rischi di esecuzione e le potenziali conseguenze indesiderate durante queste fasi di transizione saranno probabilmente elevati, generando una volatilità del ciclo economico superiore alla norma.
I mercati del credito non amano né l’incertezza né le fasi di debolezza/volatilità dei mercati azionari. Gli spread creditizi statunitensi si stanno ampliando in seguito all’offensiva sul fronte dei dazi doganali. Non ci aspettiamo un ampliamento significativo in assenza di una sottoperformance economica più accentuata, ma difficilmente gli spread ritroveranno il loro equilibrio finché non ci sarà maggiore chiarezza sulle prospettive macroeconomiche. Paradossalmente, l’impatto delle politiche di Trump sulle relative politiche fiscali e commerciali sembra avere innescato un effetto positivo sui mercati azionari europei e non statunitensi, danneggiando l’azionario USA. Questo cambiamento ha consentito alle obbligazioni investment grade denominate in euro di superare la difficile congiuntura meglio di quelle statunitensi. Abbiamo preferito il credito investment grade in euro al credito statunitense e gli eventi recenti non fanno che confermare questa scelta. Ciò premesso, la recente sovraperformance del credito in euro è stata considerevole, ma diffidiamo dal cavalcarla, considerata la recente volatilità dei mercati e la tendenza del ritorno alla media, con i mercati che registrano movimenti eccessivi per poi correggere il tiro. Questo scenario richiede un’elevata selettività e una gestione attiva delle partecipazioni per rating, paesi e settori onde evitare i problemi che potrebbero sorgere nei prossimi 12 mesi. La nostra priorità rimane evitare società e settori a rischio (a causa di sottoperformance idiosincratiche, sfide strutturali o stile gestionale più aggressivo), generando al contempo il miglior rendimento di portafoglio possibile senza compromettere le performance a causa di perdite su crediti o di un ampliamento degli spread. Continuiamo a individuare migliori opportunità tra le obbligazioni statunitensi denominate in euro e tra le banche europee, anche se abbiamo ridotto selettivamente l’esposizione complessiva al segmento investment grade.
Rispetto ad altre classi d’investimento, i titoli cartolarizzati e i titoli garantiti da ipoteche (MBS) statunitensi di agenzia hanno risentito in misura minore della recente volatilità e rimangono la nostra sovraesposizione preferita. Anche in quest’ambito, però, dopo la recente serie di ottimi rendimenti sta venendo meno l’attrattiva in termini relativi e assoluti. La recente rimonta dei rendimenti ha ridotto l’attrattiva assoluta dell’obbligazionario e la relativa sovraperformance di questo segmento rispetto al credito societario ne ha leggermente eroso il valore relativo. Ciò nonostante, in questo periodo segnato da un’elevata incertezza economica il credito cartolarizzato non risente degli stessi problemi del segmento societario statunitense. Le nuove emissioni ricevono spesso richieste di sottoscrizione in eccesso, rendendo difficile l’accumulo di posizioni consistenti. Alla luce dell’attuale clima di instabilità e incertezza in tutto il mondo, riteniamo che questo segmento possa continuare a registrare buone performance. Nell’ambito dei titoli di agenzia, le emissioni a cedola più elevata continuano a essere interessanti rispetto alle obbligazioni societarie investment grade e ad altre strutture cedolari di agenzia, e riteniamo che possano sovraperformare i Treasury USA. Più recentemente, dato il rialzo dei tassi di interesse statunitensi, i titoli ipotecari europei offrono ora un valore relativo più interessante. La selettività rimane fondamentale.
Nei mercati valutari, in modo alquanto paradossale, si è assistito all’indebolimento del dollaro statunitense. L’imposizione di dazi sulle merci in arrivo negli Stati Uniti avrebbe dovuto favorire il dollaro in quanto avrebbe incoraggiato altri paesi a lasciar svalutare le proprie valute per compensare gli effetti delle misure doganali. In linea generale è accaduto esattamente il contrario. Paesi come la Cina non hanno voluto cedere e hanno resistito alla svalutazione della propria moneta, cercando di compensare l’effetto dei dazi con interventi di politica fiscale, mentre l’Europa, contrariamente al parere degli scettici, ha annunciato piani di espansione fiscale senza precedenti. L’effetto combinato di queste diverse politiche è stato, almeno per il momento, un indebolimento il dollaro, poiché in questo ambito gli Stati Uniti sembrano andare nella direzione opposta, adottando politiche fiscali più rigorose e politiche monetarie più accomodanti. Impossibile dire quanto a lungo tale situazione possa durare, e tutto dipenderà dall’attuazione delle misure politiche nei vari paesi.
Tassi d’interesse/Tassi di cambio dei mercati sviluppati
Rassegna mensile
A febbraio i tassi di interesse dei mercati sviluppati hanno continuato a scendere, prolungando il rally del mercato obbligazionario osservato a gennaio. Nella prima metà del mese la curva dei rendimenti statunitensi si è appiattita per effetto della compressione dei premi a termine, per poi riprendersi nella seconda metà quando i mercati hanno iniziato a scontare l’ipotesi di ulteriori tagli da parte della Fed. A fine mese anche i Treasury USA hanno beneficiato delle scarse performance degli attivi rischiosi e dei dati economici peggiori del previsto, mentre i mercati erano intenti a soppesare l’impatto delle nuove misure sul commercio, i consumi e la crescita dell’occupazione negli Stati Uniti. Diverse indagini statunitensi hanno rivelato segnali di un aumento delle aspettative di inflazione e di un raffreddamento della fiducia dei consumatori. Nel mese di gennaio l’indice IPC è stato più alto del previsto e le vendite al dettaglio hanno mancato nettamente le attese.
Nell’Area Euro, i Bund tedeschi hanno registrato un andamento meno favorevole rispetto a quello dei Treasury. A pesare sulla performance dei Bund sono stati anche altri fattori, tra cui i toni tutt’altro che accomodanti dei funzionari della BCE in materia di inflazione, i dati economici migliori del previsto e le aspettative di un aumento della spesa pubblica, in particolare per la difesa. Alle elezioni politiche tedesche il partito conservatore CSU ha ottenuto il maggior numero di consensi, con il 28,6% dei voti, e presumibilmente formerà una “grande coalizione” con la SPD e altri partiti centristi. Una volta formato, il nuovo governo avrà probabilmente un orientamento più espansivo sul piano fiscale, ma avrà bisogno dell’aiuto dei partiti più piccoli per modificare la Costituzione tedesca e consentire deficit pubblici più elevati. La curva dei rendimenti dei Bund si è irripidita, a differenza di quanto accaduto negli Stati Uniti, poiché il mercato ha riconsiderato le prospettive fiscali della Germania.
Sui mercati valutari, il dollaro si è indebolito per via di una riduzione dei differenziali di tasso, di dati economici peggiori che altrove, della debolezza dei mercati azionari statunitensi e della presa di consapevolezza circa l’aggressività delle politiche doganali. Lo yen si è apprezzato sulla scia del calo dei rendimenti, mentre l’euro ha beneficiato della moderazione delle aspettative sui dazi e della sovraperformance dell’azionario. Valute cicliche come il dollaro australiano e il dollaro neozelandese hanno sottoperformato.
Prospettive
Abbiamo un posizionamento di duration complessivamente neutrale nei mercati sviluppati, a parte il Giappone, e manteniamo esposizioni orientate a un irripidimento della curva. Tra i vari mercati, manteniamo un sovrappeso di duration in Nuova Zelanda e Regno Unito rispetto a Stati Uniti e Australia, perché riteniamo che le banche centrali dei primi due abbiano margini di manovra più ampi per tagliare i tassi rispetto a quanto attualmente scontato nei prezzi. Di recente abbiamo ridotto l’entità della nostra posizione corta nella duration giapponese, considerando la sensibilità della Banca del Giappone all’attività economica statunitense e alle incertezze globali, anche se manteniamo un posizionamento lungo nei breakeven dei JGB indicizzati all’inflazione, considerato che la crescita dei salari rimane sostenuta e i prezzi continuano a salire. Continuiamo a preferire il dollaro australiano e il dollaro USA al dollaro canadese e confermiamo il nostro ottimismo sullo yen rispetto all’euro. Abbiamo rafforzato la nostra posizione lunga nello yen rispetto a diverse altre valute, tra cui il won coreano, il baht thailandese e la corona svedese.
Tassi d’interesse/Tassi di cambio dei mercati emergenti
Rassegna mensile
Dopo avere iniziato il 2025 in modo molto positivo, il debito dei mercati emergenti (EMD) ha continuato a registrare buone performance in tutti i suoi principali segmenti. Le valute dei mercati emergenti hanno registrato una ripresa generalizzata, mentre per la maggior parte del periodo il dollaro statunitense ha accusato un indebolimento, dovuto in parte al calo della fiducia dei consumatori e alla volatilità della politica estera degli Stati Uniti. Gli spread hanno subito un modesto allargamento sia nel credito sovrano che in quello societario, ma entrambi i segmenti hanno beneficiato di un calo dei tassi dei Treasury USA. All’inizio del mese Trump ha imposto un dazio del 10% sulle importazioni cinesi, una misura alla quale la Cina ha immediatamente risposto annunciando i suoi controdazi. I dazi del 25% per Canada e Messico sono stati rinviati dopo le misure adottate da entrambi i paesi per risolvere alcune criticità alla frontiera, ma verso la fine del mese è sembrato probabile che la sospensione sarebbe presto venuta meno. Russia, Stati Uniti e Ucraina hanno avviato colloqui e negoziati per porre fine al conflitto armato tra Mosca e Kiev. Nonostante alcuni passi avanti, le tensioni tra le parti si sono acuite e non è stato possibile raggiungere un accordo di pace. Nel mese, i flussi hanno esibito un andamento contrastante: i fondi in valuta locale hanno continuato a registrare deflussi, ma gli investitori hanno iniziato a rivalutare gli attivi in valuta forte e i fondi di questo tipo hanno incamerato capitali nel periodo in esame.
Prospettive
Nel 2025 il debito dei mercati emergenti ha continuato a registrare un’ottima performance alla luce della volatilità macro, delle incertezze legate alla politica estera degli Stati Uniti e delle tensioni geopolitiche dovute alle guerre in corso. Questa classe di attivo è stata sostenuta dall’indebolimento del dollaro americano e dal calo dei tassi dei Treasury statunitensi. Man mano che le ricadute della politica estera e dei dazi statunitensi si faranno sentire, continueremo a monitorare i potenziali effetti a livello di singolo paese, senza distogliere la nostra attenzione dai fondamentali. Mentre la BCE tagliava i tassi sul finire di gennaio, la Fed assumeva un atteggiamento meno accomodante in attesa di vedere se l’aumento dell’inflazione si sarebbe manifestato nell’economia reale. I tagli dei tassi operati dalle banche centrali dei mercati emergenti potrebbero essere più selettivi, ma i differenziali di rendimento reali tra i mercati emergenti e quelli sviluppati rimangono interessanti. Sondare l’intero universo d’investimento alla ricerca di opportunità d’investimento continuerà ad essere fondamentale per destreggiarsi tra le ricadute della politica estera degli Stati Uniti.
Credito societario
Rassegna mensile
A febbraio, mentre il mercato metabolizzava una serie di avvenimenti tra cui la possibilità di una tregua tra Russia e Ucraina, i dazi statunitensi e l’esito delle elezioni tedesche, gli spread investment grade europei hanno sovraperformato l’investment grade (IG) statunitense. La volatilità è rimasta contenuta grazie alla presenza di solidi fattori tecnici, come la consistenza degli afflussi verso il credito investment grade e la gestibilità delle emissioni primarie. Le banche centrali hanno svolto un ruolo importante: nei suoi verbali, la BCE ha invitato alla prudenza sui tagli dei tassi, la Banca d’Inghilterra ha operato un taglio di 25 pb e la Fed ha parlato di una possibile interruzione dell’inasprimento quantitativo. I dati economici hanno evidenziato esiti contrastanti: da un lato, le rilevazioni robuste relative al settore manifatturiero degli Stati Uniti e il miglioramento del clima di fiducia in Germania; dall’altro, un leggero aumento dell’inflazione nell’Area Euro dovuto al rincaro dell’energia. Per quanto riguarda il quadro politico, la CDU ha vinto le elezioni tedesche, mentre con l’avvicinarsi delle date cruciali di marzo permangono le incertezze legate ai dazi. Gli utili societari hanno rispettato o superato le aspettative, sostenuti da forti fattori tecnici e dalla stabilità dell’indebitamento, mentre l’attività di fusione e acquisizione è stata modesta, ma con diverse voci di disinvestimenti e scorpori relative a importanti società. Da ultimo, il mercato è stato sostenuto da solidi fattori tecnici e dal restringimento degli spread sugli swap.
A febbraio la performance dei mercati high yield statunitensi e globali è rimasta positiva, nonostante il significativo allargamento degli spread, più che compensato, però, dal forte calo dei rendimenti dei Treasury statunitensi. Per la prima volta dopo diversi mesi, il segmento CCC ha sottoperformato, in quanto le valutazioni relative del credito con rating inferiore si sono ampliate e la dispersione sul mercato high yield è diminuita. Nel mese di febbraio le condizioni tecniche dell’high yield sono rimaste molto positive, poiché su base mensile le emissioni lorde sono calate e i fondi retail high yield statunitensi hanno incamerato capitali. Infine, nel segmento dei crediti con leva gli scambi di titoli in default e deteriorati hanno raggiunto il minimo biennale a febbraio.
Le obbligazioni convertibili globali hanno messo a segno una buona performance nonostante la debolezza degli Stati Uniti, che è la regione geografica più grande per questa classe di attivo. I dati macroeconomici statunitensi hanno mostrato un generale indebolimento, in quanto l’imposizione dei dazi ha influito sia sulle aspettative di crescita che sulla fiducia e sulla spesa dei consumatori, mentre i dati sul mercato del lavoro hanno nel complesso esibito un peggioramento. Nel periodo, le obbligazioni convertibili globali hanno subito gli effetti negativi del calo del bitcoin, poiché negli ultimi mesi gli emittenti legati alla criptovaluta hanno assunto un ruolo di maggior rilievo in questa classe di attivo. La performance negativa è stata tuttavia compensata dai buoni risultati ottenuti in Asia e in Europa. In definitiva, nel corso del mese le obbligazioni convertibili globali hanno sottoperformato l’azionario globale, ma sovraperformato l’obbligazionario globale. Dopo un inizio d’anno fiacco, le nuove emissioni hanno mostrato un modesto miglioramento nel corso del mese, riconducibile principalmente alle emissioni provenienti dagli Stati Uniti. In totale, durante il mese sono state effettuate emissioni per 6,3 miliardi di dollari, che hanno portato il totale da inizio anno a 9,5 miliardi di dollari.1
Prospettive
Guardando al futuro, il nostro scenario di base sul credito resta ottimista, sostenuto dalle aspettative di un atterraggio morbido, da una politica fiscale che continua a sostenere crescita/occupazione/consumi e da fondamentali aziendali solidi, basati su strategie societarie a basso rischio. L’emissione netta gestibile e la forte domanda del rendimento complessivo offerto dal credito IG dovrebbero creare dinamiche tecniche propizie. Guardando agli spread creditizi, riteniamo che il mercato offra del valore ma riteniamo che il principale fattore di rendimento sia il carry e che ulteriori guadagni possano venire dalla selezione settoriale e, in misura crescente, da quella dei singoli titoli. Data l’incertezza del quadro dei fondamentali a medio termine, nutriamo una minore fiducia in un sostanziale restringimento degli spread.
Entriamo nel vivo del primo trimestre del 2025 con un giudizio relativamente bilanciato per il mercato high yield. Questo giudizio comprende la previsione di una volatilità sporadica e la consapevolezza che, sebbene i rendimenti rimangano storicamente interessanti, in termini di spread il mercato high yield presenta valutazioni molto elevate, anche considerando il recente allargamento. Siamo giunti a questa conclusione dopo un’analisi approfondita di fattori quali l’evoluzione delle politiche monetarie delle banche centrali mondiali, le politiche commerciali, la crescita economica statunitense e globale, la salute dei consumi, i fondamentali degli emittenti high yield, le condizioni tecniche e le valutazioni. In definitiva riteniamo che, in media, il rendimento compensi in modo interessante il rischio di credito sottostante, ma che perseguire il rischio insito nelle fasce di rating più basse porterà a risultati punitivi.
Rimaniamo ottimisti circa le prospettive del mercato globale delle obbligazioni convertibili in questo inizio di marzo. I fattori tecnici sono solidi, in quanto le obbligazioni convertibili hanno mantenuto un profilo bilanciato, i tassi d’interesse restano relativamente alti, le valutazioni azionarie sono aumentate nel 2024 e le società continuano ad avere bisogno di finanziamenti. L’emissione di nuove obbligazioni convertibili è stata sostenuta nel 2024 e prevediamo che continuerà a esserlo in parallelo con la moderata riduzione dei tassi d’interesse ad opera delle banche centrali mondiali e con la scadenza delle obbligazioni emesse durante la pandemia di Covid-19. Infine, ci aspettiamo che la volatilità aumenti in questo nuovo anno, dato che le tensioni geopolitiche e regionali permangono e i mercati sono impegnati a metabolizzare le misure varate dall’amministrazione Trump.
Prodotti cartolarizzati
Rassegna mensile
A febbraio, gli spread dei titoli MBS statunitensi di agenzia si sono ristretti di 6 pb e si attestano attualmente a +132 pb rispetto ai Treasury statunitensi. Nonostante la volatilità che ha recentemente colpito tutti i settori, gli MBS di agenzia continuano a essere uno dei pochi settori obbligazionari con valutazioni interessanti. Nel mese in esame, le posizioni in MBS della Fed si sono ridotte di USD 14,2 miliardi, scendendo a USD 2.195 miliardi, e sono ora USD 500,7 miliardi più basse rispetto al picco del 2022. A febbraio, le posizioni in MBS delle banche statunitensi sono scese leggermente a USD 2.663 miliardi di dollari e restano inferiori di USD 329 miliardi rispetto agli inizi del 2022. Durante il mese, gli spread dei crediti cartolarizzati hanno continuato a restringersi nonostante l’offerta molto elevata.2 Gli spread dell’IG societario statunitense si sono invece ampliati, dopo essersi avvicinati ai minimi record a gennaio. A febbraio le emissioni sono state consistenti quasi quanto a gennaio. L’offerta è stata adeguatamente assorbita e ha incontrato una domanda molto vivace.
Prospettive
Ci aspettiamo un ulteriore restringimento degli spread degli MBS statunitensi di agenzia grazie ai costanti afflussi da parte di banche e investitori relative value. Questi afflussi saranno probabilmente determinati dall’interessante profilo di rendimento del settore rispetto ad altri settori dell’obbligazionario core. Prevediamo che gli spread del credito cartolarizzato si collocheranno su livelli pari o prossimi ai loro minimi, in quanto attualmente scambiano in prossimità degli spread degli MBS di agenzia. Nel 2024 e nel gennaio del 2025 i settori del credito cartolarizzato sono stati tra quelli con le performance migliori, ma a febbraio hanno sottoperformato per via di un profilo di duration più basso a fronte della marcata rimonta dei tassi d’interesse. Poiché marzo comincia all’insegna di rendimenti interessanti, riteniamo che nei prossimi mesi i rendimenti deriveranno principalmente dal carry dei cash flow. Restiamo del parere che i livelli dei tassi attuali rappresentino un problema per molti debitori e che continueranno a erodere i bilanci delle famiglie, mettendo sotto pressione alcuni ABS dei beni di consumo, in particolare quelli che riguardano debitori con redditi bassi. Anche il settore immobiliare commerciale continua a risentire dei tassi di finanziamento attuali. Il settore dei titoli garantiti da ipoteche residenziali è per ora, a nostro avviso, quello che offre le opportunità più interessanti in tutte le fasce di rating, mentre siamo più cauti nei confronti degli ABS e dei CMBS con rating più basso. Rimaniamo ottimisti sulle valutazioni degli MBS di agenzia, che restano interessanti rispetto agli spread delle società investment grade e ai loro spread storici.