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Puntare sulla qualità
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Global Equity Observer
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febbraio 27, 2024
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Il nostro team ha trascorso l’ultimo quarto di secolo a cercare quelle che consideriamo le migliori compounder al mondo. Si tratta di aziende che riteniamo possano nel lungo termine continuare a far crescere in modo costante – e organico – gli utili e i free cash flow a un tasso interessante.
Il compounding è una forza vincente. Facendo crescere 1.000 dollari a un tasso del 10% per sette anni, l’importo raddoppia. Continuando allo stesso ritmo per altri 10 anni, si raggiungono i 6.000 dollari.
I nostri compiti sono principalmente due. Il primo consiste nel trovare le compounder. Il secondo consiste nel puntare a non pagare un prezzo eccessivo. Se un’azienda è troppo costosa c’è poco da fare, si corre il rischio che il suo prezzo scenda fino a un livello più equo e ragionevole. Come disse in una celebre occasione Charlie Munger, investitore e uomo d’affari da poco scomparso, “un’ottima azienda a un giusto prezzo è preferibile a un’azienda giusta a un ottimo prezzo”. Siamo d’accordo con lui. Nel suo stile inimitabile, Munger affermò anche: “Se acquistiamo un titolo perché è sottovalutato, dobbiamo anche prevedere di venderlo quando il suo prezzo di mercato si avvicina alla stima del suo valore intrinseco. Farlo non è semplice. Viceversa, se compriamo i titoli di qualche grande azienda, possiamo tranquillamente rilassarci. E questo non è male”. Su questo punto siamo più restii ad essere d’accordo con Munger. La verità è che non si può stare a guardare: è essenziale controllare e ricontrollare che il potenziale di compounding sia intatto e non sia minacciato, che non vi sia il rischio di declino dei rendimenti e che la valutazione rimanga ragionevole. È una sfida che affrontiamo ricorrendo a un’analisi rigorosa dei fondamentali e alle attività di engagement con le aziende.
Cosa ci fa capire che una società potrebbe essere una compounder di alta qualità? Il nostro screening quantitativo verte attorno a due misure: la prima è la redditività del capitale operativo impiegato (ROOCE) e la seconda il margine lordo. Il ROOCE non è una misura facilmente reperibile con gli strumenti di screening di FactSet o Bloomberg. Anche se la si cerca su Google, è probabile che la ricerca finisca per indicare il ROIC (rendimento sul capitale investito). Eppure il ROOCE non è una nostra invenzione. Si tratta di un sottoinsieme del ROIC, anch’esso una misura importante, che include l’avviamento e tiene conto delle decisioni passate di allocazione del capitale. In sintesi, il ROOCE indica quanto capitale incrementale è necessario per far crescere un business. Per utilizzare un’analogia automobilistica, se pensiamo al ROIC come alla qualità del motore di un’auto più la capacità storica del conducente, il ROOCE indica solamente la qualità del motore.
Secondo la nostra analisi storica, le società con un ROOCE elevato hanno registrato nel lungo periodo un rendimento annualizzato migliore rispetto alle società con un ROOCE basso. Utilizzando i dati relativi a un periodo di 20 anni dell’indice MSCI World e dividendo i costituenti in cinque gruppi, ripartiti dal più alto al più basso in base al ROOCE, il gruppo con il ROOCE più alto ha un rendimento del 10,5% su base annua, seguito da rendimenti del 10,2%, del 9,5%, dell’8,5% e infine del 7,5% per il gruppo di livello più basso.1 A primo avviso, il differenziale potrebbe non sembrare così ampio. Ma se pensiamo in termini di compounding, 1.000 dollari per 10 anni al 10,5% anziché al 7,5% si traducono in 2.456 dollari anziché 1.917: è quasi 30% in più. Il compounding è importante.
Il ROOCE spiegato bene
Il ROOCE si compone di due parti distinte. L’elemento “redditività” del ROOCE, il “RO”, proviene dal conto economico di un’azienda, in particolare l’EBIT (l’utile prima degli interessi e delle imposte). L’elemento “capitale operativo impiegato”, l’“OCE”, proviene invece dallo stato patrimoniale ed è la somma del valore netto di proprietà, impianti e attrezzature dell’azienda, più il suo inventario e il capitale circolante commerciale (il saldo netto tra crediti e debiti commerciali). Il modo migliore per conseguire un ROOCE elevato è quello di avere un alto livello di redditività per l’elemento “RO” e un fabbisogno limitato di capitale operativo. Quindi le aziende che presentano queste caratteristiche hanno tipicamente dei margini elevati e un ridotto impiego di risorse.
L’importanza di margini lordi elevati e stabili
Quando cerchiamo margini elevati, in realtà ricerchiamo margini lordi elevati. Le aziende con un costo delle merci relativamente limitato tendono ad avere margini lordi elevati e quindi profitti lordi elevati. Usando per il margine lordo la stessa procedura adottata per il ROOCE, abbiamo suddiviso i costituenti dell’indice MSCI World in gruppi, dal margine lordo più alto a quello più basso. I risultati sono sorprendentemente simili: il gruppo con il margine lordo più elevato ha generato il rendimento annualizzato più alto nell’arco di 20 anni (+11,5%), mentre il gruppo con il margine lordo più basso ha generato il rendimento più basso (+8,5%).2
Nel contesto di margini lordi elevati è essenziale il potere di determinazione dei prezzi, indipendentemente dal fatto che un'azienda si trovi ad affrontare un contesto inflazionistico, disinflazionistico o deflazionistico. Potere di determinazione dei prezzi significa che un’azienda è in grado di trasferire ai clienti l’inflazione dei costi dei fattori produttivi. Se il costo degli input dovesse poi diminuire, il potere di determinazione dei prezzi consente a tali aziende di mantenere i prezzi più alti. Ciò si traduce in margini lordi elevati e stabili nel lungo termine. In altre parole, un’azienda non può sostenere un margine lordo elevato se non dispone di un potere di determinazione dei prezzi.
Tornando alla nostra analogia automobilistica, gli alti profitti lordi possono essere considerati come il carburante necessario per far funzionare il motore, la forza che sta alla base della crescita organica. Maggiori sono i profitti lordi di un’azienda, maggiori sono le risorse che può spendere in termini di costi operativi per incrementare i ricavi in modo organico. I costi operativi di cui stiamo parlando sono, in genere, il talento (la forza lavoro), le attività di ricerca e sviluppo (R&S) e le attività di marketing. Tali risorse contribuiscono alla sostenibilità del ROOCE nel lungo periodo, preservando la società con i suoi marchi, relazioni, prodotti e servizi per i suoi clienti, siano essi consumatori o altre aziende. La presenza di margini lordi elevati implica anche che un’azienda è meno vulnerabile a eventuali aumenti dei costi di approvvigionamento che abbassano la percentuale dei ricavi.
Un’azienda tipica dell’indice MSCI World, rappresentata dall’indice stesso, ha un margine lordo del 30% e un EBITDA (utile prima di interessi, imposte e ammortamenti) del 20%.2 Tra questi due margini intermedi si collocano i costi operativi. Traducendo tutto in cifre, se un’azienda tipica avesse, ad esempio, un fatturato di 20 miliardi di dollari, applicando il margine lordo medio e il margine EBITDA sopra menzionati, otteniamo 6 miliardi di dollari di profitti lordi (20 miliardi di dollari x 30%) e 4 miliardi di dollari di EBITDA (20 miliardi di dollari x 20%). Vista la differenza di 2 miliardi di dollari tra queste due cifre, ciò significa che il 10% del fatturato corrisponde ai costi operativi. Una delle aziende di alta qualità che abbiamo in portafoglio, una società statunitense di prodotti per la casa e la cura della persona, operativa a livello globale e con una serie di marchi leader a livello mondiale, ha un margine lordo del 50% e un margine EBITDA del 26%. Si tratta di una spesa e di un investimento per l’assunzione di talenti più che doppi rispetto alla media delle aziende, per non parlare delle attività di innovazione, marketing e pubblicità che vengono svolte con un’intensità molto maggiore. Nel complesso, questo costituisce un vantaggio sostanziale.
Ci accertiamo che il management dell’azienda gestisca in maniera efficiente i costi operativi e puntiamo a capire come possa allocare i cash flow ed eventualmente utilizzare il bilancio (liquidità e debito) per operazioni di acquisizione. Come abbiamo chiarito nel nostro numero di giugno 2023, “Comprare o non comprare, questo è il dilemma”, non siamo contrari alle acquisizioni. Ma se queste avvengono a discapito del ROOCE, lo riteniamo il possibile segnale di un’allocazione sbagliata del capitale da parte del management aziendale, che potrebbe – forse in modo permanente – avere diluito la qualità dell’azienda nel suo complesso, acquistando un business di qualità inferiore. Questo a prescindere dalla questione del pagamento di un prezzo eccessivo, un altro argomento di cui parliamo nella pubblicazione di giugno 2023.
Paradossalmente, anche un ROOCE in miglioramento potrebbe essere un segnale di allarme da tenere d’occhio, tanto quanto una sua flessione. Nel breve termine, è facile ottenere un ROOCE più elevato semplicemente operando un taglio dei costi operativi, ad esempio riducendo le spese per le attività di ricerca e sviluppo o di marketing. Gli utili aumentano, ma nel lungo termine la sostenibilità della crescita organica dei ricavi sarà messa a dura prova a causa dei sottoinvestimenti. Con ogni probabilità, il business rallenterà e il suo valore intrinseco rischia di diminuire.
La strada degli investimenti è molto lunga. Non ci serve un’auto sportiva e alla moda dai colori sgargianti per sfrecciare dal punto A al punto B, o per andare veloci e poi rimanere senza carburante. E non vogliamo nemmeno rischiare con un’utilitaria economica. Cerchiamo auto affidabili, pratiche, con prestazioni decorose, che non ci lascino a piedi, che non costino una fortuna da mantenere e che non siano complicate da guidare, in breve, auto che saremmo felici di guidare a lungo, sulle strade giuste e in qualsiasi condizione atmosferica. La presenza del ROOCE e di margini lordi elevati indica quali sono le aziende da osservare con attenzione. Tuttavia, la maggior parte delle nostre attività di ricerca è rivolta a comprendere se queste misure rimarranno entrambe elevate anche in presenza delle sfide che l’azienda deve affrontare – concorrenza, fattori destabilizzanti, interventi degli organi di regolamentazione, mode o cicli economici – per continuare a crescere con un’elevata redditività. Dopo tutto (e facendo le scuse a Thomas Jefferson), “il prezzo del compounding è l’eterna vigilanza”.
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