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L’obbligazionario andrà in pausa?
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Global Fixed Income Bulletin
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febbraio 15, 2024
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febbraio 15, 2024
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L’obbligazionario andrà in pausa? |
Rispetto ai livelli di volatilità a cui gli investitori del mercato obbligazionario si erano abituati nell’ultimo trimestre del 2023, il 2024 è iniziato relativamente in sordina. Nei mercati sviluppati globali i rendimenti hanno registrato un lieve aumento e le curve si sono irripidite. Quando il presidente della Federal Reserve (Fed) Jerome Powell ha cercato di frenare le attese degli investitori relative a un taglio dei tassi nel mese di marzo, i rendimenti sono saliti e il dollaro statunitense si è rafforzato. I tassi dei mercati emergenti hanno evidenziato un andamento più contraddittorio, poiché a gennaio, grazie al calo dell’inflazione, alcune banche centrali hanno potuto ridurre i tassi. I differenziali del mercato creditizio hanno continuato ad assottigliarsi nel corso del mese e l’Eurozona ha sovraperformato gli Stati Uniti. Gli spread delle obbligazioni high yield hanno registrato performance divergenti: in Europa hanno continuato a ridursi mentre negli Stati Uniti si sono ampliati. Gli spread degli MBS di agenzia sono cresciuti, mentre quelli dei titoli cartolarizzati si sono generalmente ridotti.
Prospettive per il mercato obbligazionario
Gennaio si è rivelato un mese deludente per l’obbligazionario. Dopo la straordinaria performance messa a segno nel quarto trimestre, il rialzo dei rendimenti (modesto negli Stati Uniti e più sostanziale in Europa) non ha costituito una sorpresa. La relativa stabilità dei Treasury è riconducibile al ritracciamento di una banca regionale che, a fine mese, ha impresso una forte spinta al ribasso ai rendimenti. Prima di ciò, il rialzo di 25 punti base dei Treasury era paragonabile a quello dei titoli europei. La battuta d’arresto dei mercati e la stabilità degli spread in USD confermano la difficoltà che avranno i mercati obbligazionari nel generare rendimenti all’inizio del 2024 dopo la straordinaria performance dell’anno passato. Di fatto, i mercati scontano già gran parte delle buone notizie sul fronte dell’inflazione e tagli dei tassi. Siamo già da tempo – e probabilmente ci rimarremo a lungo – in una situazione in cui le previsioni di allentamento dovranno essere ridimensionate se i dati non continueranno a giustificare ripetuti e aggressivi tagli dei tassi.
Simili misure, davanti a una crescita ancora solida e a un’inflazione superiore al tasso obiettivo, costituirebbero un rischio per le obbligazioni, nel caso in cui i dati o la Fed dovessero deludere le attese. Una situazione simile si presenta anche nella maggior parte degli altri paesi dove ci si attende una forte riduzione dei tassi. La dichiarazione della Fed a margine della riunione del FOMC di gennaio lascia intendere che, per il momento, un taglio deciso sarebbe prematuro. Il presidente della banca centrale, Powell, si è difatti adoperato parecchio per scoraggiare le attese di un taglio dei tassi a marzo, che il mercato dava ormai praticamente per scontato. In particolare, la Fed e molte altre banche centrali dei mercati sviluppati hanno abbandonato l’idea di intervenire sul livello dei tassi e in nessun mercato sviluppato è stato ancora avviato un ciclo di allentamento. Anche se sembra probabile un primo calo dei tassi durante l’anno, per il momento è impossibile quantificare un simile evento e definirne le tempistiche. Ad ogni modo, non crediamo che uno slittamento da marzo all’estate abbia una rilevanza cruciale. Quel che più conta è l’entità dei tagli che la Fed effettuerà quest’anno e il prossimo.
Gli ultimi dati sull’inflazione hanno continuato a soddisfare o superare le attese e la Fed si è espressamente rallegrata per questo andamento, nel senso che se si dovesse continuare su questa strada, vi sarà un taglio dei tassi. Ma all’orizzonte si profilano potenziali ostacoli. Uno dei probabili problemi è che difficilmente l’andamento dell’inflazione nel primo trimestre potrà migliorare rispetto a quanto fatto vedere negli ultimi sei mesi. Un altro ostacolo è il rafforzamento dei dati sull’economia reale statunitense, in particolare nel settore dei servizi e nel mercato del lavoro. Ciò che suscita preoccupazioni, sia per noi che per la Fed, è la prospettiva che le dinamiche disinflazionistiche recentemente emerse possano arrestarsi. Sino ad ora la disinflazione si è concentrata essenzialmente nel settore dei beni, dove ha superato le attese (al ribasso). Il motivo è riconducibile alla debolezza dell’economia cinese e al miglioramento sul fronte delle filiere. Ma la Fed e gli investitori possono essere certi che questo andamento proseguirà? Inoltre, il rafforzamento dei dati economici statunitensi potrebbe rendere più difficile realizzare miglioramenti nel settore dei servizi, rischiando di stabilizzare l’inflazione su un livello superiore all’intervallo desiderato dalla Fed. In tal caso, l’allentamento dei tassi non sarebbe di certo veloce come i mercati auspicano.
In un simile contesto le prospettive di rendimento delle obbligazioni governative non sono facili da prevedere. Sicuramente i tassi scenderanno, ma un’eccessiva solidità dell’economia statunitense potrebbe limitare l’entità dei tagli e, quindi, la capacità dei Treasury a 10 anni di scendere tangibilmente sotto al 4%. Tutto ciò, unitamente all’inversione della curva dei rendimenti, ci induce a evitare un’esposizione eccessiva in termini di duration. In un’ottica di più lungo termine, i rendimenti delle obbligazioni di alta qualità appaiono relativamente interessanti ai livelli attuali e le buone prospettive di rendimenti reali superiori al 2% limitano la propensione a sottopesare il rischio di duration. Nel complesso, aumentare l’esposizione ai rendimenti senza tuttavia esporsi inutilmente al rischio di tasso d’interesse continua a essere la strategia migliore.
Nel prossimo futuro, la combinazione tra dinamiche di crescita e inflazione, unitamente alla virata espansiva delle banche centrali, creerà un contesto favorevole al credito. Purtroppo i mercati del credito, in particolare le obbligazioni investment grade statunitensi e quelle high yield, sia negli USA che in Europa, scontano già gran parte di questi sviluppi positivi futuri. Ecco perché riteniamo abbastanza improbabile un ulteriore restringimento nei mesi a venire. I rendimenti all-in appaiono tuttora soddisfacenti e questo dovrebbe favorire nuovi afflussi di capitale verso questa classe di attivo. I rendimenti all-in tuttora ragionevoli ci inducono a ritenere che nel 2024 i mercati creditizi sovraperformeranno la liquidità, ma i guadagni maggiori proverranno dal carry anziché dalle plusvalenze. Rafforzeremo l’esposizione in prossimità di un sostanziale ampliamento degli spread, dato che riteniamo molto probabile che la banca centrale interverrà per sostenere l’economia se necessario. In quest’ottica, le obbligazioni high yield a più breve scadenza ci sembrano interessanti. Le emissioni finanziarie restano più convenienti di quelle non finanziarie.
Le banche centrali dei mercati emergenti continuano a tagliare i tassi di fronte al calo dell’inflazione. Per quanto la pausa del ciclo espansivo della Fed possa arrestare temporaneamente il rally dei titoli dei mercati emergenti in valuta locale, riteniamo che in quest’area esistano ancora buone opportunità, dato che probabilmente nel 2024 i tassi di questi paesi scenderanno più che negli Stati Uniti o in Europa. Sebbene il futuro calo dei rendimenti non sia probabilmente comparabile a quanto visto di recente, le prospettive si mantengono buone. Preferiamo i mercati obbligazionari dell’America Latina in quanto le banche centrali di questa regione sono riuscite a tagliare i tassi e continueranno a farlo se la Fed manterrà realmente i tassi invariati. Tuttavia, i dati statunitensi devono sostenere i toni accomodanti scontati dai mercati finanziari. Uno dei maggiori rischi per la performance futura dei mercati obbligazionari è un’accelerazione dell’economia o, nel caso degli Stati Uniti, l’assenza di un significativo rallentamento della crescita. In questo caso le aspettative di riduzione dei tassi a breve termine verrebbero deluse e i rendimenti a lungo termine diminuirebbero, determinando una contrazione dei differenziali creditizi. Non ci resta che aspettare e vedere come si evolve la situazione.
Nell’obbligazionario, continuiamo a individuare le migliori emissioni cartolarizzate a breve scadenza, come i titoli garantiti da ipoteche residenziali (RMBS), i titoli garantiti da collaterale (ABS) e soprattutto alcuni titoli garantiti da ipoteche commerciali (CMBS), centri direzionali esclusi, per via dei rendimenti superiori e del valore delle garanzie collaterali. Grazie alla forza del mercato del lavoro statunitense e alla crescita dei redditi reali, le disponibilità economiche dei nuclei familiari dovrebbero mantenersi buone, anche se non ai livelli di 18 mesi fa. Nell’ambito del credito cartolarizzato, privilegiamo i mutui residenziali non di agenzia, malgrado il peggioramento dell’accessibilità economica degli immobili. Per quanto possa sembrare strano, è possibile che il settore dell’edilizia residenziale statunitensi abbia toccato il minimo e che i prezzi stiano ricominciando a salire. Malgrado l’ottima performance del quarto trimestre, le valutazioni dei titoli ipotecari di agenzia statunitensi sembrano ancora ragionevoli rispetto al credito investment grade, almeno nelle cedole più alte.
L’andamento futuro del dollaro statunitense si sta facendo meno chiaro. Dopo la debolezza di dicembre, a gennaio le prospettive sul dollaro si sono nettamente rafforzate. L’economia americana non può tenere il passo con la frenetica crescita del terzo trimestre, ma la sorprendente tenuta delle ultime rilevazioni segnala la presenza di numerosi fattori positivi (ad esempio una crescita solida, rendimenti in aumento, un mercato azionario robusto). Pertanto, non siamo convinti che sottopesare il dollaro rispetto alle altre valute del G20 abbia senso. Alcune valute emergenti sembrano meglio posizionate, ma dopo il recente rally non riteniamo sia il momento di inseguire il mercato.
Tassi d’interesse/Tassi di cambio dei mercati sviluppati
Rassegna mensile:
Gennaio è stato un mese dai due volti per l’obbligazionario dei mercati sviluppati. Per quanto riguarda l’Eurozona, i membri del Consiglio direttivo della BCE a Davos avevano ripetutamente sottolineato, nel tentativo di raffreddare le speranze di un taglio dei tassi entro primavera, quanto l’inflazione si trovasse ancora al di sopra del livello obiettivo. Verso la fine del mese, tuttavia, i comunicati riguardanti le politiche monetarie hanno assunto toni più accomodanti quando, in occasione della riunione di politica monetaria della BCE, tenutasi a gennaio, il presidente della banca centrale, Christine Lagarde, ha riconosciuto sia un rallentamento dell’inflazione superiore al previsto sia un indebolimento del mercato del lavoro. Persino i suoi colleghi solitamente meno accomodanti hanno riconosciuto i passi compiuti nel contenere il costo della vita e si sono mostrati disponibili a prendere in considerazione tagli anticipati, se i dati lo giustificheranno. Negli Stati Uniti, abbiamo assistito a un’inversione della costante spinta al rialzo dei rendimenti dovuta al fatto che gli investitori sono sempre più convinti che nei prossimi due anni la Fed procederà a un aggressivo allentamento delle politiche monetarie, anche se sono diminuite le attese di vedere un taglio già a marzo. Da ultimo, sul finire di gennaio, i timori per la situazione delle banche regionali statunitensi hanno generato un’avversione al rischio nei mercati che ha spinto ulteriormente al ribasso i rendimenti. Dopo un percorso circolare, i rendimenti dei Treasury USA hanno chiuso gennaio in rialzo di 2 punti base (pb) rispetto a fine dicembre, mentre i Bund tedeschi (+15 pb) e i Gilt britannici (+24 pb) hanno sottoperformato. Le curve dei rendimenti di Stati Uniti ed Eurozona si sono leggermente irripidite. Sul fronte dei mercati valutari, il dollaro Usa si è rafforzato nel corso del mese. Anche la sterlina britannica ha messo a segno un’ottima performance sulla scia dell’inattesa impennata dell’inflazione di dicembre, che ha spinto al rialzo i rendimenti dei Gilt.1
Prospettive:
Per i mercati sviluppati l’inizio del ciclo di allentamento sembra ormai in vista, come sembrano lasciare intendere i toni più accomodanti dei comunicati delle banche centrali, soprattutto quelli della BCE. Nonostante ciò, a fronte di dati che rimangono generalmente robusti, resta da vedere a che ritmo e in che misura le banche centrali riterranno opportuno procedere a un taglio dei tassi. La prospettiva di un’ulteriore convergenza tra tassi canadesi e statunitensi, dovuta alle valutazioni e a un’inflazione particolarmente ostinata in Canada, continua a nostro avviso a offrire buone opportunità in svariate operazioni sui tassi in diversi mercati. Poiché il mercato si aspetta una normalizzazione della politica monetaria da parte della Banca del Giappone nel primo semestre dell’anno, la duration giapponese sembra destinata a sottoperformare e in effetti ha accusato un ritardo rispetto al rally di altri mercati sviluppati a fine gennaio.
Tassi d’interesse/tassi di cambio dei mercati emergenti
Rassegna mensile:
Nel primo mese del 2024 la performance del debito dei mercati emergenti (EMD) è stata disomogenea. La maggior parte delle valute emergenti si è indebolita in questo periodo, mentre i differenziali dei titoli di Stato si sono ampliati e quelli delle obbligazioni societarie si sono ridotti. Diverse banche centrali dei mercati emergenti in America Latina (Brasile, Colombia e Cile) e nella regione EMEA (Armenia e Ungheria) hanno deliberato un taglio dei tassi a fronte del costante calo dell’inflazione. La Turchia ha alzato i tassi e il presidente Erdogan ha lasciato intendere un proseguimento dell’irrigidimento monetario per riportare sotto controllo l’inflazione. J.P. Morgan ha annunciato che a fine gennaio rimuoverà l’Egitto dal suo indice di valute locali a causa della protratta illiquidità del mercato dei cambi. Il Fondo monetario internazionale (FMI) ha erogato 4,7 miliardi di dollari all’Argentina nel quadro di un nuovo accordo volto a sostenere e stabilizzare l’economia nazionale. I deflussi d questa classe di attivo sono proseguiti con -1,9 miliardi di dollari per i fondi in valuta forte e -0,7 miliardi di dollari per quelli in valuta locale.2
Prospettive:
Gli attivi dei mercati emergenti sono posizionati per registrare una buona performance quest’anno: le valutazioni rimangono infatti interessanti e quando i mercati sviluppati inizieranno a ridurre i tassi, favoriranno l’instaurarsi di un quadro favorevole per i mercati emergenti, che continueranno il loro percorso di tagli. Gli attivi locali sono particolarmente interessanti in termini di rapporto rischio/rendimento grazie agli sviluppi favorevoli del contesto macroeconomico. Nell’universo dei mercati emergenti, la crescita, l’inflazione e le politiche monetarie presentano un quadro piuttosto divergente. Restiamo convinti che i mercati punteranno su una differenziazione tra i vari paesi e titoli di credito.
Credito societario
Rassegna mensile:
A gennaio gli spread dei titoli investment grade europei hanno leggermente sovraperformato quelli degli omologhi statunitensi a fronte della diffusa compressione degli spread del mercato creditizio. Nel mese la fiducia del mercato è stata influenzata da vari fattori, in primis il contesto favorevole al settore, confermato dalle crescenti aspettative di una svolta accomodante delle politiche monetarie con conseguente riduzione dei tassi, dopo che ai timori per l’inflazione si è sostituita la preoccupazione per un rallentamento della crescita. In secondo luogo, non si è verificata alcuna escalation dei timori geopolitici, essendo gli eventi in Medio Oriente e nel Mar Rosso considerati di natura regionale e non sistemica. Terzo, le voci su operazioni di fusione e acquisizione, le sconfitte in alcune azioni legali e le revisioni degli utili hanno creato volatilità su singole aziende. Da ultimo, un quadro tecnico favorevole, frutto di forti afflussi nel credito investment grade e di una nutrita pipeline di nuove emissioni, ha sostenuto la riduzione dei differenziali di credito. Riconosciamo che l’abbondante offerta sul mercato primario ha inizialmente causato una certa volatilità, ma la forza della domanda ha ribilanciato la situazione, come dimostra il calo dei premi sulle nuove emissioni.3
A gennaio i mercati high yield statunitensi e globali hanno conseguito rendimenti modesti e la loro performance è stata discontinua. Dopo il rally di fine dicembre innescato dalla scarsità dell’offerta, dai forti afflussi nel segmento retail e dagli esili volumi di scambi, gennaio è stato caratterizzato da un netto aumento dei volumi di emissioni sul mercato primario, costanti afflussi nel settore retail e varie operazioni di gestione delle passività di alto profilo. Utili, fondamentali e strutture sono tornati al centro dell’attenzione nel mese di gennaio quando i gestori hanno apparentemente applicato criteri di selezione più rigorosi in termini di rischio e valore relativo. Nel periodo, i segmenti del mercato di qualità inferiore hanno generalmente sottoperformato.4
Gennaio è stato un mese deludente per le obbligazioni convertibili globali dopo l’eccellente andamento di dicembre, che era stato sostenuto dalle attese di futuri tagli dei tassi. Nel mese le obbligazioni convertibili globali hanno fatto fatica a tenere il passo con gli altri attivi rischiosi e hanno sottoperformato sia l’azionario che l’obbligazionario globale. A gennaio, storicamente un mese tranquillo per il mercato primario delle obbligazioni convertibili, le emissioni sul mercato globale sono ammontate a soli 5,2 miliardi di dollari. In contrasto con quanto osservato in passato, la nuova operazione di maggiori dimensioni è giunta da una società giapponese che ha lanciato un’ingente emissione in due tranche.5
Prospettive:
In futuro il nostro scenario di base per il credito rimane improntato all’ottimismo, in un contesto macroeconomico in via di miglioramento visto il cambio delle priorità delle banche centrali, passato dal contrasto all’inflazione al supporto alla crescita, e la fase favorevole innescata dagli afflussi verso questa classe di attivo. Per quanto concerne le valutazioni, osserviamo che se i prezzi del mercato sono equi, sono anche convenienti rispetto ad altri mercati. Di conseguenza riteniamo che il carry rappresenti un’opportunità di rendimento interessante. Tuttavia, data l’incertezza del quadro dei fondamentali a medio termine, nutriamo una minore fiducia nell’atteso restringimento degli spread.
Il mercato high yield ha chiuso anche gennaio con una combinazione unica di rendimenti interessanti in termini storici e uno spread medio vicino ai minimi di ciclo, anche se in leggero aumento su base mensile. Le nostre prospettive sul segmento high yield rimangono relativamente prudenti, considerando che, mediamente, le valutazioni esprimono quasi per intero un atterraggio assolutamente morbido dell’economia. Il lato positivo è l’elevato rendimento complessivo in termini storici, che sostiene la prospettiva di rendimenti positivi nel 2024 per il segmento high yield anche nel nostro scenario negativo.
Restiamo ottimisti per il mercato delle obbligazioni convertibili in quest’ultima fase del primo trimestre 2024. Nel 2023 i fattori tecnici in questo segmento sono migliorati in virtù dell’aumento di prezzi e delta, nonché della riduzione dei premi di conversione durante l’anno. Riteniamo che la combinazione di questi fattori conferisca alle obbligazioni convertibili un profilo più equilibrato. Malgrado il consueto rallentamento dell’attività primaria a gennaio, ci attendiamo un graduale aumento delle emissioni nel 2024 dato che le aziende cercheranno di rifinanziare le obbligazioni convertibili esistenti e il debito tradizionale nel mercato dei titoli convertibili alla luce del contesto di tassi d’interesse relativamente elevati. Il profilo di rendimento asimmetrico più tradizionale, unito al previsto aumento dei volumi di nuove emissioni, ci induce a guardare con ottimismo alle prospettive del mercato globale delle obbligazioni convertibili nel 2024.
Prodotti cartolarizzati
Rassegna mensile:
Nel corso di gennaio gli spread degli MBS di agenzia a cedola corrente si sono allargati di 8 pb a quota +147 pb rispetto ai Treasury USA con duration analoga. L’indice statunitense degli MBS di agenzia ha perso lo 0,46%, e sottoperforma di 18 pb quello dei Treasury su base corretta per la duration. Il rendimento attuale dell’indice degli MBS di agenzia è salito di 12 pb al 4,80%. I tassi d’interesse sui mutui a 30 anni sono aumentati di 2 pb al 6,63%, ma il tasso medio per i mutui in essere si mantiene attorno al 3,7%, un livello decisamente troppo alto per operazioni di rifinanziamento. Gli spread del credito cartolarizzato hanno continuato a comprimersi poiché la domanda si è mantenuta molto solida e le richieste di sottoscrizione per le nuove emissioni hanno costantemente superato l’offerta. A gennaio negli Stati Uniti le emissioni di ABS hanno toccato 37 miliari di dollari (a fronte dei 22 miliardi di gennaio 2023), sospinte da 22 miliardi di dollari di nuovi prestiti nel settore automobilistico. Sempre negli Stati Uniti, le emissioni di CMBS sono ammontate a 7 miliardi di dollari (a fronte dei 2 miliardi di gennaio 2023) e quelle di RMBS non di agenzia a 8 miliardi di dollari, in netto aumento rispetto al 2023.
Negli ultimi mesi le sofferenze sulle carte di credito hanno continuato ad aumentare, in particolare tra i consumatori delle fasce di reddito e rating più basse, ma nel complesso restano su livelli non preoccupanti. Il settore direzionale resta sotto forte stress: i tassi di sfitto crescono, la domanda di locazioni si indebolisce e i costi del servizio del debito salgono. Le palazzine plurifamiliari, le strutture logistiche e di stoccaggio e gli hotel per vacanze continuano a dare buoni risultati in termini operativi/di ricavi, grazie all’aumento dei tassi di occupazione e degli affitti, ma l’aumento dei costi del servizio del debito continua ad esercitare pressioni sui segmenti del mercato CMBS di maggiore qualità. A gennaio l’attività sul mercato europeo delle cartolarizzazioni si è mantenuta fiacca, anche se abbiamo osservato un leggero aumento delle emissioni di RMBS nel Regno Unito. Gli spread dei titoli cartolarizzati europei si mantengono più bassi rispetto a quelli degli omologhi statunitensi per via della carenza di offerta. 6
Prospettive:
Dopo diversi mesi in cui gli spread di tutti i prodotti cartolarizzati hanno continuato a restringersi, ci attendiamo che a febbraio si stabilizzino sui livelli attuali. La domanda rimane generalmente elevata, ma riteniamo che sarà difficile vedere un restringimento sostanziale degli spread rispetto ai valori attuali. A gennaio i settori delle obbligazioni cartolarizzate hanno generato alcune delle performance migliori, ma nei prossimi mesi il loro andamento dovrebbe normalizzarsi. Riteniamo inoltre che per la maggior parte del 2024 i tassi continueranno a oscillare in un intervallo ristretto e che nei prossimi mesi i rendimenti proverranno essenzialmente dai flussi finanziari. Restiamo del parere che i livelli dei tassi attuali rappresentino ancora un problema per molti debitori e che continueranno a erodere i bilanci delle famiglie, mettendo sotto pressione alcuni ABS sui beni di consumo, in particolare quelli che riguardano debitori con redditi bassi. Anche il settore degli immobili commerciali continua a risentire dei tassi di finanziamento attuali e nel 2024 alcuni settori potrebbero accusare una contrazione dei ricavi operativi. Le nostre preferenze continuano a orientarsi sulle opportunità offerte dal settore dei titoli garantiti da ipoteche residenziali. Confermiamo l’orientamento neutrale sulle valutazioni degli MBS di agenzia che sono più costosi rispetto ai livelli del 2023, ma restano convenienti in un’ottica di più lungo termine. Gli spread degli MBS di agenzia continuano a essere interessanti, sia rispetto a quelli delle obbligazioni societarie investment grade e sia in ottica storica, ma consideriamo relativamente improbabile una loro ulteriore riduzione nel breve termine.