Approfondimenti
L’ora dell’attesa
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Global Fixed Income Bulletin
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dicembre 17, 2024
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dicembre 17, 2024
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L’ora dell’attesa |
Dopo l’immediata impennata dei rendimenti innescata dall’elezione di Donald Trump e dalla successiva vittoria dei Repubblicani, i mercati dei titoli di Stato sono tornati a una situazione di maggiore normalità. Alla fine del mese, i rendimenti dei titoli di Stato globali hanno mostrato una tendenza al ribasso. Tra i mercati sviluppati, la Germania ha accusato la più forte flessione con il Bund decennale in calo di 30 punti base (pb). Il Gilt decennale del britannico si è piazzato al secondo posto, con un calo di 20 pb, mentre il rendimento del Treasury USA decennale ha perso 12 pb. Il dollaro statunitense si è rafforzato nel corso del mese, superando dell’1,7% un paniere di altre valute.
Le obbligazioni governative dei mercati emergenti in valuta locale hanno sovraperformato le omologhe dei mercati sviluppati a fronte di un calo generalizzato dei rendimenti. A fare eccezione è stato il Brasile, che ha registrato un brusco aumento del tasso decennale (+62 pb).
Nel mercato delle obbligazioni societarie, negli Stati Uniti gli spread hanno registrato una compressione, pari a 16 pb per le emissioni societarie high yield e a 6 pb per il segmento investment grade. Viceversa, i mercati europei hanno registrato un ampliamento degli spread: quelli high yield sono aumentati di 11 pb, mentre quelli investment grade hanno guadagnato 4 pb. Inoltre, nel corso del mese si sono ristretti anche gli spread dei mutui ipotecari e dei crediti cartolarizzati.
Prospettive per il mercato obbligazionario
Dopo i burrascosi mesi di settembre e ottobre, i rendimenti obbligazionari si sono stabilizzati e a novembre sono addirittura saliti, nonostante la sorprendente e netta vittoria dei Repubblicani alle elezioni americane. Il rendimento dei Treasury USA a 10 anni è sceso di 12 pb nel corso del mese, mentre i rendimenti dei titoli di Stato europei hanno subito una flessione ancora maggiore. In un certo senso, ciò ha segnato un ritorno alla normalità, poiché i dati sull’occupazione negli Stati Uniti sono risultati più deboli del previsto e la Fed ha operato un ulteriore taglio dei tassi di 25 pb in occasione della riunione del FOMC di novembre. Di recente, tuttavia, l’inflazione – soprattutto negli Stati Uniti – si è dimostrata alquanto ostinata, minando l’ottimismo del mercato riguardo alla prospettiva di tagli dei tassi nel 2025. È stato comunque un mese positivo per le obbligazioni dopo un ottobre tremendo e i mercati del credito statunitensi hanno contribuito a dare impulso alla performance.
I rendimenti statunitensi si sono dimostrati resilienti dopo le elezioni, nonostante i timori che la vittoria schiacciante dei Repubblicani potesse avere ricadute inflazionistiche a causa dell’agenda basata sui dazi. Dopo un iniziale innalzamento, i rendimenti statunitensi si sono stabilizzati per poi ridiscendere sui minimi da metà ottobre. I fattori in gioco sono molteplici: la Fed sta procedendo verso un allentamento, ma i rendimenti stanno paradossalmente salendo da quando la banca centrale statunitense ha dato avvio al ciclo di riduzione dei tassi a settembre. Si tratta di un fenomeno insolito, per cui la ripresa di novembre, caratterizzata dalla riluttanza del mercato a spingere i rendimenti dei titoli del Tesoro USA a 10 anni oltre il 4,5%, è significativa.
Inoltre, le condizioni economiche fuori degli Stati Uniti non sono generalmente migliorate. La minaccia dei dazi statunitensi, in particolare in Europa – già provata dalle conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina e dal rallentamento dell’economia cinese – ha indotto i mercati a rivedere al rialzo le aspettative circa l’entità del cumulativo allentamento futuro della Banca centrale europea (BCE). Ciò è in netto contrasto con quanto è accaduto con il mercato obbligazionario statunitense, che ha ridotto significativamente l’entità attesa del futuro allentamento monetario da parte della Fed. Attualmente, le probabilità di un taglio dei tassi a dicembre sono solo del 50%, mentre in precedenza erano del 75%. Pertanto, la combinazione di tagli dei tassi da parte della Fed (anche a fronte di un ridimensionamento delle aspettative), indebolimento della crescita e buone performance obbligazionarie fuori degli Stati Uniti, unitamente al contesto tecnico favorevole rappresentato dal rendimento del 4,5% circa dei Treasury USA a 10 anni, ha stabilizzato il mercato e indotto una piccola ripresa.
Detto questo, è probabile che i rendimenti statunitensi rimangano confinati in un intervallo ristretto nei prossimi mesi, mentre i mercati tentano di decifrare il vero stato dell’economia, considerando crescita, disoccupazione e inflazione, nonché la probabile portata delle politiche della nuova amministrazione, prestando attenzione anche al modo in cui la Fed risponderà a tutte le tematiche sopra indicate. Gli aumenti dei dazi avranno probabilmente ricadute inflazionistiche e dannose per la crescita (come si è visto nel 2018/2019), così come le restrizioni all’immigrazione. Altre politiche potrebbero tuttavia risultare vantaggiose per la crescita. Sembra che gli Stati Uniti stiano vivendo un boom della produttività e l’eventuale perdurare di questo fenomeno potrebbe comportare una forte crescita non inflazionistica. Nel complesso, riteniamo che la crescita sarà probabilmente più forte nel medio termine, ma la sequenza delle politiche adottate e la risposta delle altre valute saranno cruciali per comprendere l’interazione dinamica tra crescita, inflazione e risposte della Fed in termini di politica monetaria. Alcune banche centrali, come la BCE e la Banca del Canada, potrebbero accelerare i tagli dei tassi, mentre altre, come la Banca del Messico e varie banche centrali dei mercati emergenti, potrebbero sospenderli o rallentarli in risposta all’attuale scenario di incertezza e alla forza del dollaro. In sintesi, manteniamo un orientamento svincolato dalle prospettive a breve termine dei rendimenti statunitensi, prevedendo che i Treasury USA a 10 anni si muoveranno all’interno di un intervallo compreso tra il 4 e il 4,5% e che difficilmente i tagli dei tassi supereranno quelli attualmente scontati dai mercati. Considerato che la curva dei rendimenti statunitensi rimane molto piatta, continuiamo inoltre a evitare obbligazioni a più lunga scadenza, poiché i rendimenti al di fuori degli Stati Uniti appaiono generalmente più interessanti.
I mercati del credito restano con un supporto adeguato e prevediamo che questa tendenza continuerà anche nel futuro. A novembre, gli spread creditizi statunitensi si sono nuovamente ristretti, poiché il programma repubblicano, unitamente alla solida performance dell’economia statunitense e ai rendimenti più elevati, ha sostenuto gli acquisti. Il sostegno della banca centrale, la solida crescita degli Stati Uniti e gli ottimi fondamentali societari (sia per i titoli investment grade che per quelli high yield) dovrebbero persistere. Ipotizzando la nostra previsione che il programma dell’amministrazione repubblicana venga in qualche misura attuato (nutriamo maggiore fiducia sulla deregolamentazione e sugli sgravi fiscali che sul commercio), la performance delle imprese statunitensi dovrebbe rimanere solida, e quindi vantaggiare gli spread creditizi. Viceversa, a novembre gli spread creditizi europei hanno registrato performance inferiori alle aspettative a causa del peggioramento dei fondamentali economici e dei timori relativi alle politiche di Trump in ambito commerciale.
Tuttavia, l’impatto a lungo termine delle politiche repubblicane è meno chiaro. Le maggiori opportunità e il maggiore margine di manovra normativo di solito portano a comportamenti più rischiosi e a un maggior ricorso alla leva finanziaria, due fattori che tendono a non favorire gli obbligazionisti. Con spread creditizi alquanto compressi (costosi rispetto alle medie storiche, ma non sopravvalutati), le opportunità rimangono interessanti, ma non ci aspettiamo rendimenti particolarmente elevati. Le attuali valutazioni paiono giustificare una strategia altamente selettiva. La nostra priorità resta quella di evitare società e settori problematici e generare quanto più rendimento possibile senza correre rischi eccessivi. Il livello assoluto dei rendimenti appare soddisfacente, anche a fronte della notevole incertezza che aleggia sull’amministrazione Trump, soprattutto in una prospettiva di medio termine. Gli spread appaiono compressi rispetto al passato, ma i rendimenti (se si combinano gli spread con il rendimento “privo di rischio” del Treasury USA) escono bene dal confronto storico. Per quanto riguarda i rischi, non vi è motivo di credere che gli spread si allargheranno di molto in presenza di una crescita economica discreta e di banche centrali intenzionate a ridurre i tassi d’interesse. Tuttavia, visti gli attuali livelli di spread, è difficile credere che possano restringersi ulteriormente e in maniera significativa. Su una nota più positiva, gli acquisti orientati al rendimento dovrebbero contribuire a contenere l’ampliamento degli spread. Confermiamo un modesto sovrappeso sul credito nei nostri portafogli, con una lieve preferenza per i titoli di qualità superiore. Nonostante la loro sottoperformance di novembre, continuiamo a ravvisare migliori opportunità in molti titoli statunitensi e in alcune obbligazioni di banche europee denominate in euro.
Nel mezzo di tutto il clamore e l’incertezza, restiamo dell’idea che le opportunità più interessanti rimangano nel credito cartolarizzato, in particolare nei titoli garantiti da ipoteca statunitensi. Le famiglie statunitensi con un elevato merito creditizio mantengono bilanci solidi, e questo dovrebbe continuare a favorire il credito al consumo e le strutture ausiliarie, in particolare a fronte della stabilità dei prezzi delle abitazioni e del tasso di disoccupazione ancora ridotto. Anche i cambiamenti nella politica fiscale degli Stati Uniti dovrebbero generare dinamiche di sostegno. I titoli ipotecari di agenzia statunitensi con cedola più elevata rimangono interessanti rispetto alle obbligazioni societarie investment grade e riteniamo che abbiano buone probabilità di sovraperformare i Treasury statunitensi. Analogamente al nostro posizionamento nel credito societario, puntiamo ad aumentare la qualità delle nostre esposizioni al credito cartolarizzato risalendo lungo lo spettro dei rating e uscendo dalle strutture non statunitensi, dati gli spread più ristretti e i maggiori rischi macroeconomici in Europa. Un segmento del credito cartolarizzato vulnerabile a potenziali cambiamenti nella politica della Fed è rappresentato dai titoli garantiti da ipoteche commerciali (CMBS). Qualora i tassi d’interesse non dovessero diminuire quanto previsto, il rifinanziamento di molte operazioni garantite dagli uffici statunitensi diventerà problematico. Ciò ci induce a tenerci generalmente a distanza da questo settore.
Difficilmente le obbligazioni dei mercati emergenti prospereranno sotto un governo repubblicano guidato da Trump. Una crescita statunitense più forte, sommata a tassi più elevati più a lungo e a legami commerciali globali più deboli, di solito non porta a performance vigorose nei mercati emergenti. Alcuni commenti di Trump sui paesi BRIC indicano un contesto potenzialmente volatile per queste nazioni nei prossimi anni. Nondimeno, riteniamo che i paesi con solide prospettive economiche, una crescita discreta, un’inflazione in calo e una banca centrale in grado di tagliare i tassi di interesse e disposta a farlo – nonostante i cambiamenti di politica economica negli Stati Uniti – dovrebbero generare buoni risultati. La scelta dei titoli e la selezione geografica rimangono cruciali. Continuiamo a evitare le obbligazioni messicane e brasiliane poiché i rispettivi mercati sono alle prese con incertezza politica (Messico), rischi fiscali (Brasile) e le politiche di Trump. Alcuni dei paesi a più alto rendimento con legami commerciali più deboli con gli Stati Uniti, come l’Egitto, dovrebbero registrare performance relativamente migliori.
Sui mercati valutari, le prospettive per il dollaro americano rimangono solide dopo le elezioni statunitensi. Sebbene la valutazione del dollaro appaia eccessiva rispetto ai livelli storici, i suoi fondamentali rimangono solidi. Le politiche fiscali più accomodanti, la politica monetaria più restrittiva (rispetto alle attese), le guerre commerciali e il rafforzamento della crescita statunitense sono tutti fattori che depongono a favore del biglietto verde. Resta tuttavia un fattore di rischio in questo scenario ottimista: il deterioramento del mercato del lavoro e i segnali di un possibile atteggiamento meno accomodante da parte della Fed nel tagliare i tassi. Un ulteriore peggioramento consentirebbe alla Fed di continuare a tagliare i tassi d’interesse, sempre che l’agenda di Trump non sconvolga il quadro inflazionistico. L’economia statunitense continua ad eccellere in termini di traiettoria di crescita, andamento della produttività, utili e livelli di rendimento. Sarà difficile per altri paesi generare il tipo di sostegno fondamentale di cui gode il dollaro statunitense, soprattutto con un’amministrazione repubblicana dedita all’innalzamento dei dazi. Sarà un’impresa ardua per le altre valute superare questi ostacoli fondamentali.
Tassi d’interesse/Tassi di cambio dei mercati sviluppati
Rassegna mensile
Le elezioni presidenziali statunitensi sono state, prevedibilmente, l’evento di rischio chiave di novembre per i mercati macro. I rendimenti obbligazionari sono aumentati nella prima metà del mese, in quanto i mercati hanno considerato i rischi inflazionistici associati a diversi punti dell’agenda politica di Trump, tra cui l’imposizione di dazi ai principali partner commerciali e la riduzione delle imposte. Ciò è accaduto nonostante la debolezza del quadro occupazionale statunitense, che ha visto non solo la creazione di soli 12.000 posti di lavoro in ottobre, ma anche una revisione al ribasso di 112.000 unità per i due mesi precedenti. Sebbene il rallentamento della crescita occupazionale abbia superato le attese del mercato, gli investitori sono stati restii a interpretarla come un segnale di debolezza del mercato del lavoro, visto che il dato ha probabilmente risentito degli eventi di meteo avverso e degli scioperi. Inoltre, i dati sull’economia statunitense hanno generalmente sorpreso al rialzo e quelli sull’inflazione hanno evidenziato segnali di continue pressioni sui prezzi del settore immobiliare. Nella seconda metà del mese, tuttavia, i rendimenti obbligazionari sono scesi registrando una netta inversione di tendenza rispetto all’inizio, in quanto i Treasury statunitensi hanno cominciato a scambiare a livelli più allineati a quelli di altri mercati, dove i rendimenti obbligazionari sono scesi in risposta al peggioramento dei dati sulla crescita.
Nell’Area Euro i dati economici hanno continuato a peggiorare. Gli indici della produzione manifatturiera (PMI) di novembre hanno segnalato che i settori manifatturieri di tutti i principali paesi ad eccezione della Spagna continuano a contrarsi e, cosa ancor più inaspettata, anche le condizioni operative nel settore dei servizi hanno subito un marcato peggioramento. I mercati hanno cominciato a scontare una maggiore probabilità di un taglio di 50 punti base a dicembre da parte della BCE, visto in particolare l’andamento dell’inflazione, inferiore alle attese, soprattutto in Germania e Francia.
Sul fronte valutario, nella prima metà del mese il dollaro statunitense ha continuato ad apprezzarsi nei confronti delle principali valute, mentre i differenziali dei tassi si sono ampliati e gli investitori hanno iniziato a valutare il probabile impatto dei dazi sugli scambi commerciali. L’indice del dollaro ha raggiunto livelli che non si vedevano dal 2022. Nella seconda metà del mese, tuttavia, il calo dei rendimenti statunitensi e l’affollamento delle posizioni hanno iniziato a pesare sulla forza del dollaro, una dinamica da cui ha tratto principalmente vantaggio lo yen giapponese.
Prospettive
Abbiamo un posizionamento di duration complessivamente neutrale nei mercati sviluppati, a parte il Giappone, e manteniamo esposizioni orientate a un irripidimento della curva, in particolare negli Stati Uniti. Tra i mercati, continuiamo a sottopesare la duration negli Stati Uniti rispetto a quella di Regno Unito e Nuova Zelanda, in quanto le valutazioni dei Treasury USA appaiono elevate rispetto ad altri mercati, e ciò in virtù del maggior vigore della crescita economica statunitense. Siamo passati a un posizionamento neutrale nei Treasury USA rispetto al Canada. Confermiamo un sottopeso nei JGB e il posizionamento lungo nei titoli giapponesi indicizzati all’inflazione, poiché riteniamo che la risalita dell’inflazione sia di natura strutturale e che la BoJ aumenterà i tassi d’interesse oltre le attuali previsioni del mercato. Confermiamo il nostro ottimismo sul dollaro australiano rispetto al dollaro canadese e preferiamo lo yen all’euro.
Tassi d’interesse/Tassi di cambio dei mercati emergenti
Rassegna mensile
A novembre i mercati del debito emergente hanno registrato performance disomogenee. I mercati hanno reagito ai risultati delle presidenziali USA spingendo al rialzo i tassi statunitensi che sono rimasti elevati per la maggior parte del mese, chiudendo però in ribasso rispetto ai livelli toccati prima delle elezioni. Inoltre, il dollaro ha continuato a guadagnare quota nel corso del mese. Le valute dei mercati emergenti hanno subito una correzione generalizzata, gli spread del credito sovrano si sono compressi e quelli del credito societario sono rimasti invariati. Una delle poche valute ad apprezzarsi è stata la lira turca, in quanto S&P ha rivisto al rialzo il rating del Paese e l’inflazione è scesa per il quinto mese consecutivo. In Romania si è tenuto il primo turno delle elezioni presidenziali, che hanno visto la vittoria inattesa di un candidato di estrema destra e filorusso relativamente sconosciuto, Calin Georgescu. Se Calin uscirà vincente dal ballottaggio di inizio dicembre, la Romania potrebbe allontanarsi dall’Occidente e spostarsi su un’area politica di estrema destra. Il leu rumeno ha perso terreno nel corso del mese. Lo Sri Lanka ha annunciato uno swap obbligazionario, un passo importante per completare la ristrutturazione del debito. Il buon esito della ristrutturazione sarà fondamentale per la ripresa economica. I flussi sono diventati fortemente negativi, in particolare per i fondi in valuta forte, in quanto il mercato si è allontanato dall’asset class dopo i risultati delle elezioni statunitensi.
Prospettive
I risultati delle elezioni americane hanno causato volatilità e il mercato ha adottato una visione pessimistica circa gli effetti di una presidenza Trump sui mercati emergenti. C’è tuttavia poca chiarezza sulla linea politica dell’amministrazione Trump e su quanto le promesse elettorali verranno effettivamente mantenute. Il nostro universo di investimento comprende oltre 100 paesi e le future politiche commerciali statunitensi non li impatteranno tutti allo stesso modo. Ci saranno vincitori e vinti, ma l’attenzione ai fondamentali a livello di singoli paesi continuerà a determinare la performance. Inoltre, i prezzi dei listini emergenti appaiono convenienti rispetto a quelli dei mercati sviluppati. Anche nei mercati del credito sovrano e societario, dove gli spread sono vicini alle medie di lungo periodo, i paesi fuori benchmark e quelli impegnati in piani di ristrutturazione godono di un margine di compressione degli spread. Concentrarsi sui paesi che stanno migliorando la qualità delle istituzioni e che attuano politiche solide contribuirà a far crescere il valore degli attivi in portafoglio nonostante le speculazioni sulle possibili decisioni della Fed e sulle ricadute delle elezioni americane.
Credito societario
Rassegna mensile
A novembre, gli asset rischiosi europei hanno sottoperformato le controparti statunitensi in quanto il clima di fiducia è stato ampiamente determinato dal contesto politico. Negli Stati Uniti Donald Trump e il partito repubblicano hanno archiviato una vittoria schiacciante, mentre in Germania è crollata la “coalizione semaforo” e in Francia l’attenzione si è spostata sul possibile crollo del governo Barnier. Gli ultimi dati economici mostrano un’Europa più debole e un’America più forte, mentre l’inflazione è inferiore alle aspettative su entrambe le sponde dell’Atlantico. Dai verbali della BCE è emersa una maggiore convinzione del Consiglio direttivo verso il processo disinflazionistico, mentre il FOMC ha abbassato il tasso di riferimento di 25 pb nella riunione di novembre, come ampiamente previsto. La stagione degli utili societari del terzo trimestre si è conclusa. Le stime relative all’intero esercizio fiscale sono state perlopiù confermate e non abbiamo riscontrato grandi cambiamenti nelle allocazioni di capitale. Ci sono state alcune eccezioni, come il settore delle auto e dei beni di lusso, dove gli utili sono stati deboli. Le utility hanno riportato risultati stabili e le stime interne sono state generalmente riviste al rialzo. Le banche hanno registrato ottimi livelli di utile e capitale, nonostante una prima diminuzione dei margini netti da interessi in alcuni paesi. Infine, l’emissione primaria è stata leggermente inferiore alle aspettative attestandosi a 47 miliardi di euro, un livello che ha fornito supporto tecnico. Gli afflussi verso questa asset class continuano ad essere considerevoli e gli investitori hanno proseguito la ricerca del rendimento “all-in” offerto dal credito IG.
Le performance dei mercati high yield statunitensi e globali si sono rafforzate a novembre e lo spread medio del mercato high yield statunitense è sceso a livelli che non si vedevano dalla crisi finanziaria globale. La propensione al rischio è stata particolarmente forte nella seconda metà del mese, in quanto dopo le elezioni presidenziali l’incertezza politica negli Stati Uniti è andata attenuandosi. La performance è stata sostenuta da un netto calo delle emissioni, da una forte domanda retail e istituzionale e da limitati default e attività di gestione delle passività (LME). I segmenti di qualità più bassa hanno generalmente sovraperformato su base mensile, mentre il segmento BB, di qualità più elevata e con duration più lunga, ha sovraperformato alla fine del mese grazie al calo dei rendimenti dei Treasury statunitensi.
Novembre è stato un mese molto positivo per le obbligazioni convertibili globali. Le performance sono state trainate soprattutto dagli emittenti statunitensi small e mid cap e dalle società di criptovalute che potranno trarre i maggiori benefici dalla conquista repubblicana della Casa Bianca e di entrambe le camere del Congresso. Complessivamente, nel mese l’asset class ha sovraperformato l’obbligazionario globale e leggermente sottoperformato l’azionario globale. Anche a novembre le nuove emissioni sono state consistenti e la maggior parte dei nuovi collocamenti mensili sono riconducibili agli Stati Uniti. Inoltre, la classe di attivo ha visto diversi emittenti legati alle criptovalute, come MicroStrategy Inc. e MARA Holdings, presentarsi sul mercato per approfittare del forte rialzo segnato a novembre da questi strumenti. In totale, nel periodo stati emessi titoli per USD 11,5 miliardi, che portano il totale delle emissioni da inizio anno a USD 105,8 miliardi. Si tratta di un aumento del 40% rispetto allo stesso periodo del 2023.1
Prospettive
Guardando al futuro, il nostro scenario di base sul credito resta ottimistico, sostenuto dalle aspettative di un “soft landing”, da una politica fiscale che continua a sostenere crescita/occupazione/consumi e da fondamentali aziendali solidi. Ci si aspetta che nel quarto trimestre le minori emissioni lorde, unitamente a una forte domanda per il rendimento “all-in” offerto dal credito IG, creeranno una dinamica tecnica favorevole. Per quanto concerne gli spread creditizi, riteniamo che il mercato offra del valore, ma consideriamo il carry come il principale driver di rendimento. Data l’incertezza del quadro dei fondamentali a medio termine, nutriamo una minore fiducia in un sostanziale restringimento degli spread.
Le nostre prospettive per il mercato high yield sono generalmente favorevoli. Le probabilità di un soft landing sono aumentate e sembra anche che la maggioranza degli operatori di mercato condivida tale convinzione. A fine novembre questo scenario appare quasi completamente scontato, con spread medi sui minimi post-crisi finanziaria globale. I catalizzatori che potrebbero compromettere questo scenario sono sempre presenti e resteremo concentrati su di essi per poter portare la nostra strategia a sovraperformare, qualora le condizioni di mercato dovessero peggiorare. I catalizzatori in questione includono gli effetti ritardati delle politiche restrittive, le condizioni economiche, la salute dei consumi e le condizioni fondamentali degli emittenti high yield. Nonostante uno spread medio vicino ai minimi post-crisi finanziaria globale, il mercato continua a beneficiare di un rendimento medio storicamente interessante, che rimane superiore al 7%.2
Con il passare del quarto trimestre, rimaniamo ottimisti circa le prospettive del mercato globale delle obbligazioni convertibili. Riteniamo che le obbligazioni convertibili globali offrano attualmente il loro tradizionale profilo bilanciato di partecipazione ai rialzi azionari e di mitigazione del rischio ai ribassi obbligazionari. Le nuove emissioni sono state consistenti e ci aspettiamo che rimangano tali nonostante i tagli dei tassi d’interesse da parte delle banche centrali globali e la possibile volatilità dovuta alle presidenziali statunitensi e alle crescenti tensioni geopolitiche. Un profilo di rendimento asimmetrico più tradizionale e l’aspettativa di una continua solidità del mercato primario ci rendono ottimisti nei confronti delle obbligazioni convertibili globali in questo fine 2024 e inizio del nuovo anno.
Prodotti cartolarizzati
Rassegna mensile
A novembre, gli spread degli MBS statunitensi di agenzia si sono ristretti di 16 pb e ora sono più ampi di circa 1 pb su base annua (a +138 pb) rispetto ai Treasury statunitensi. Se consideriamo la notevole compressione degli spread avvenuta in altri settori del credito, gli MBS di agenzia rimangono uno dei pochi segmenti obbligazionari con valutazioni interessanti. A novembre le posizioni in MBS della Fed si sono ridotte di 17 miliardi di dollari, scendendo a 2.241 miliardi di dollari, e ora sono inferiori di 455 miliardi di dollari rispetto al picco del 2022. Dopo un prolungato periodo di aumenti mensili, le disponibilità di MBS delle banche statunitensi sono diminuite di 5,8 miliardi di dollari, raggiungendo i 2.650 miliardi di dollari a novembre; rispetto a inizio 2022, si tratta ancora di un calo di circa 322 miliardi di dollari.3 Gli spread del credito cartolarizzato sono rimasti invariati a novembre, mentre gli spread delle emissioni societarie e degli MBS statunitensi di agenzia si sono ristretti. L’emissione di cartolarizzazioni è rallentata con l’avvicinarsi delle festività natalizie, dato che molti emittenti hanno scelto di entrare nel mercato prima delle elezioni; l’offerta è stata ben assorbita e ha incontrato una forte domanda. Da inizio anno, il credito cartolarizzato ha sovraperformato la maggior parte degli altri settori di qualità creditizia analoga, grazie all’elevato carry dei cash flow e alla minore duration dei tassi d’interesse.
Prospettive
Ci aspettiamo che gli spread degli MBS di agenzia statunitensi rimangano in una ristretta fascia di oscillazione dopo la compressione post-elettorale, in quanto la volatilità è diminuita. Ci aspettiamo anche che gli spread dei titoli di credito si stabilizzeranno sui livelli attuali. La domanda rimane generalmente elevata, ma riteniamo che sarà difficile vedere un restringimento sostanziale degli spread rispetto ai valori attuali. I settori del credito cartolarizzato sono stati tra quelli che nel 2024 hanno realizzato le performance migliori. Abbiamo notato un inizio di normalizzazione delle performance e riteniamo che questa tendenza proseguirà nei prossimi mesi. Inoltre, riteniamo che i tassi resteranno probabilmente confinati all’interno di una ristretta fascia di oscillazione fino all’ultimo mese del 2024 e nella fase iniziale del 2025. A nostro avviso, nei prossimi mesi i rendimenti proverranno principalmente dal carry dei cash flow. I livelli attuali dei tassi rappresentano un problema per molti debitori e continueranno probabilmente a erodere i bilanci delle famiglie, mettendo sotto pressione soprattutto alcuni ABS del ramo consumatori, in particolare quelli che riguardano debitori con redditi più bassi. Anche il settore immobiliare commerciale risente dei tassi di finanziamento attuali. Il settore dei titoli garantiti da ipoteche residenziali è attualmente quello che preferiamo, in quanto ci sentiamo di poter agevolmente ridiscendere lungo lo spettro della qualità creditizia, pur rimanendo cauti nei confronti degli ABS e dei CMBS con rating più bassi. Rimaniamo moderatamente ottimisti sulle valutazioni degli MBS di agenzia, che restano interessanti rispetto agli spread delle società investment grade e ai loro spread storici.