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Il 2025 sarà (finalmente) l’anno dell’obbligazionario?
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Global Fixed Income Bulletin
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gennaio 17, 2025
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gennaio 17, 2025
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Il 2025 sarà (finalmente) l’anno dell’obbligazionario? |
Dicembre è stato un mese movimentato per il mercato obbligazionario, su cui hanno inciso pesantemente la riunione dai toni restrittivi della Federal Reserve (Fed) e il perdurare di trend inflazionistici globali discostatisi dalle aspettative. I rendimenti dei titoli di Stato globali si sono mossi fortemente al rialzo sia nei mercati sviluppati che in quelli emergenti. Negli Stati Uniti, il rendimento del Treasury decennale è aumentato di 40 punti base (pb), portando a un significativo incremento della pendenza della curva dei rendimenti. Lo spread 2/10 anni (la differenza tra i rendimenti a 2 e 10 anni) si è ampliato di 31 pb.1 In Europa l’andamento è stato simile: il rendimento dei Bund decennali è salito di 28 pb, mentre quello dei Gilt britannici ha guadagnato 33 pb. Anche i mercati emergenti hanno accusato l’impatto: i rendimenti messicani e quelli brasiliani sono aumentati rispettivamente di 42 e di ben 175 pb. Cina e Tailandia sono stati tra i pochi paesi a registrare un calo dei rendimenti decennali nel mese (-36 pb e -4 pb rispettivamente).
Il dollaro statunitense si è rafforzato guadagnando il 2,6% rispetto a un paniere di altre valute.2 Nello specifico, ha sovraperformato il dollaro neozelandese del 5,4%, il dollaro australiano del 5% e lo yen giapponese del 4,7%
Per quanto riguarda i settori con spread, il mercato statunitense delle obbligazioni societarie ha registrato un ampliamento di 21 pb degli spread high yield e un aumento di appena 2 pb degli spread investment grade. Viceversa, gli spread high yield europei si sono ridotti di 22 pb, mentre quelli delle obbligazioni societarie investment grade hanno perso 6 pb.3 Al contempo, gli spread dei titoli di credito cartolarizzati sono rimasti perlopiù stabili. Gli spread dei titoli garantiti da ipoteche di agenzia hanno registrato un lieve restringimento.
Nel complesso, dicembre ha evidenziato una notevole volatilità, con correzioni sia nei mercati obbligazionari che in quelli valutari, preparando il terreno a ulteriori sviluppi nel nuovo anno.
Prospettive per il mercato obbligazionario
A dicembre il mercato obbligazionario è tornato a essere interessato dalla volatilità, con rendimenti in aumento in tutto il mondo. Inoltre, anche gli spread creditizi si sono ampliati, anche se in modo meno significativo rispetto ai rendimenti. Non tutto è andato completamente perso, dato che gli spread dei titoli di credito cartolarizzati si sono leggermente compressi. All’estremo opposto, nel solo mese di dicembre i rendimenti brasiliani sono aumentati di oltre 100 pb in risposta all’aumento di 100 pb del tasso di riferimento da parte della banca centrale. La deludente performance di dicembre ha influito notevolmente sui rendimenti complessivi del 2024. Nell’anno, l’indice U.S. Aggregate Bond ha registrato un rendimento dell’1,25%, mentre l’indice Global Aggregate Bond (con copertura in dollari USA) si è attestato al 3,4%. Per entrambi gli indici si tratta di una netta sottoperformance sia rispetto alla liquidità che alle previsioni. Il debito societario high yield si è mosso in controtendenza, con una performance che ha ampiamente superato quella della liquidità.4
Si tratta di un risultato decisamente insolito, se si considera che le banche centrali dei mercati sviluppati hanno avviato i loro attesi cicli di allentamento monetario. Di fatto, da quando a settembre la Federal Reserve ha iniziato ad abbassare i tassi di interesse, i rendimenti dei Treasury statunitensi a 10 anni sono saliti poco meno di 90 pb. Naturalmente, ciò è dovuto al fatto che i dati economici sono nuovamente peggiorati proprio quando la Fed aveva iniziato a nutrire un maggiore ottimismo sull’andamento dell’inflazione e a esprimere pessimismo sulla crescita e sulla disoccupazione. Di fatto, il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti ha raggiunto il picco nel momento in cui la Federal Reserve ha iniziato a tagliare i tassi di interesse. Sfortuna o errore di analisi/previsione? La risposta è importante in quanto lascia presagire i possibili sviluppi futuri.
Probabilmente sarà difficile fare previsioni affidabili per il 2025. Gli ultimi cinque anni sono stati pieni di sorprese. Prima c’è stato il 2020, in cui nel giro di un trimestre (il primo) la pandemia ha cambiato tutte le carte in tavola. Il 2021 ha visto un’impennata dell’inflazione che pochi avevano previsto. Successivamente, l’inflazione si è rivelata tutto fuorché “transitoria”, dando il via, nel 2022, al ciclo di irrigidimento monetario più aggressivo degli ultimi decenni. Il 2023 ha portato con sé il timore o la previsione di una recessione, aspettative che non solo sono state smentite, ma si sono rivelate addirittura contrarie a quanto poi è effettivamente accaduto. Per finire, il 2024 ha continuato a essere foriero di buone notizie per l’economia, senza rallentamenti nella crescita degli Stati Uniti, dove anche i rendimenti azionari sono stati spettacolari. Quindi, cosa possiamo aspettarci per il 2025?
Il grande giorno è il 20 gennaio, con l’insediamento del presidente eletto Trump. Trump ha promesso una pioggia di provvedimenti già nel primo giorno del suo mandato. Pur ignorando la portata delle sue azioni, sappiamo quali politiche ha in programma di attuare. Ciò avverrà sia nel primo giorno, tramite ordini esecutivi, sia nel corso del 2025, tramite azioni legislative. Abbiamo già visto i post di Trump sui social media in merito all’applicazione di dazi nei confronti della Cina, del Canada e del Messico. Ancora non si sa in che misura verranno conclusi accordi con questi paesi o con il resto del mondo. Pertanto, su questo fronte regna l’incertezza. Il modo in cui queste azioni si svolgeranno influirà con ogni probabilità sull’andamento delle economie e, potenzialmente, sulla politiche monetarie. Il presidente della Fed, Jerome Powell, ha accennato a questo aspetto nella sua conferenza stampa di dicembre, in occasione della quale ha affermato che alcuni membri del Federal Open Market Committee stanno già integrando nelle previsioni di politica monetaria le loro valutazioni sull’impatto economico delle potenziali politiche di Trump.
A proposito di politica monetaria: che dire? Le prospettive sul versante della crescita e dell’inflazione sono fondamentali. Nel 2024, la maggior parte delle banche centrali dei mercati sviluppati ha iniziato a tagliare i tassi di interesse. Spinte dal calo dell’inflazione, la Fed e la Banca centrale europea (BCE) hanno tagliato i tassi di 100 punti base ciascuna. Inoltre, hanno lasciato intendere che vi saranno ulteriori tagli dei tassi nel 2025. Ma una difficoltà significativa, sia per la Fed che per la BCE, è costituita dal fatto che l’inflazione rimane al di sopra dell’obiettivo, i miglioramenti sono stati disomogenei negli ultimi mesi e probabilmente ci saranno maggiori pressioni sui prezzi, non da ultimo derivanti dalla minaccia americana di un aumento dei dazi. L’anno scorso il mercato ha valutato in modo troppo accomodante i tagli dei tassi. Il 2025 sarà diverso? Rispetto agli ultimi anni, attualmente si osserva un allineamento molto maggiore tra le previsioni del mercato e quelle delle banche centrali, il che è già qualcosa. Tuttavia, data la probabile ripresa della crescita economica globale fuori degli Stati Uniti e la persistente resilienza congiunturale statunitense (favorita dalla buona situazione economica dei nuclei familiari e dal crescente ottimismo delle imprese), le prospettive di ulteriori tagli dei tassi sono incerte. Ma l’interrogativo più importante è un altro: la politica monetaria è restrittiva? L’andamento dei titoli azionari, i prezzi delle abitazioni e la resilienza della crescita e dell’inflazione sembrerebbero indicare di no. Inoltre, sappiamo che nel 2025 ci saranno cambiamenti nelle politiche statunitensi in materia di commercio, spesa pubblica, immigrazione e regolamentazione. Ciò che non sappiamo è quale sarà la loro portata e quanto sarà intensa la risposta degli altri paesi. Ciò complica ulteriormente le previsioni sui tagli dei tassi in tutto il mondo per il 2025.
È sicuramente possibile che gli attuali livelli dei rendimenti dei mercati sviluppati di tutto il mondo siano vicini al “fair value”. Se la Fed e la BCE non tagliano i tassi di almeno altri 50 pb nel 2025, è difficile che i prezzi delle obbligazioni risalgano. In un contesto in cui è probabile che le politiche fiscali rimangano espansive in tutto il mondo e l’inflazione si mantenga costante (nonostante un calo tendenziale), il premio a termine sulle obbligazioni potrebbe continuare a salire. Di fatto, uno dei principali fattori che hanno contribuito al rialzo dei rendimenti obbligazionari a dicembre è stato l’aumento dei premi al rischio sui titoli di Stato a più lunga scadenza. Tuttavia, i premi al rischio sono ancora al di sotto delle medie di lungo termine e probabilmente continueranno a salire, ma le tempistiche e la portata di tali spostamenti rimangono estremamente incerti. È molto probabile che nel 2025 i rendimenti dei Treasury statunitensi si mantengano in un’ampia fascia di oscillazione compresa tra il 4% e il 5%, il che sarebbe molto positivo dopo la mediocre performance del 2024.
I mercati obbligazionari di altri paesi sviluppati sembrano meglio posizionati rispetto al mercato dei Treasury statunitensi, ma si tratta di una magra consolazione, poiché molti dei problemi che affliggono gli Stati Uniti sono presenti anche in altri paesi. In effetti, i titoli di Stato tedeschi e canadesi hanno registrato ottime performance nel 2024 rispetto ai Treasury statunitensi. Siamo più ottimisti sul fatto che questi mercati possano ricevere un maggior supporto nel 2025. Il mercato dei Gilt britannici resta a nostro avviso interessante, in quanto sembra offrire prospettive di crescita (basse) simili a quelle dell’Eurozona, ma con rendimenti e tassi di riferimento più vicini a quelli degli Stati Uniti. Il 2025 sarà finalmente un anno di rendimenti solidi per le obbligazioni (non solo high yield)?
Come punto di partenza, i rendimenti dei Treasury statunitensi a più lunga scadenza sono più alti rispetto all’inizio del 2024. Inoltre, se i rendimenti dovessero salire, l’extra rendimento di partenza compenserà in parte tale variazione. Continuiamo a credere che nel 2025 le obbligazioni possano sovraperformare la liquidità, ma ciò richiederà che le banche centrali continuino a ridurre i tassi d’interesse. Questo sembra probabile ma, ed è un ma importante, i trend recenti di crescita e inflazione (e l’attuazione delle politiche trumpiane) hanno aumentato le probabilità che i tassi non vengano tagliati nel 2025. D’altro canto, riteniamo che rispetto al 2024 i rendimenti obbligazionari saranno probabilmente più elevati in termini assoluti, almeno per quanto riguarda il segmento investment grade. Con un rendimento dell’indice Bloomberg U.S. Corporate High Yield intorno al 7%, le probabilità di ottenere rendimenti superiori all’8% nel 2025 non sono altissime, ma nemmeno inesistenti. A conti fatti, riteniamo che i tempi non siano ancora del tutto maturi per aprire una posizione lunga sul rischio di duration nei portafogli. Sebbene i mercati si trovino in una situazione migliore rispetto al 2024 per quanto riguarda le aspettative sulle politiche monetarie e sull’economia (nessuna recessione inglobata nei prezzi, nessun aumento sostanziale dei tassi di disoccupazione previsto, inizio di un miglioramento della crescita fuori degli Stati Uniti e prosecuzione degli stimoli economici cinesi), sono ancora possibili sorprese al rialzo per la crescita e l’inflazione.
È probabile che i mercati creditizi continuino a generare buone performance. I rendimenti assoluti, la solidità dei dati economici statunitensi e dei fondamentali societari, il sostegno delle banche centrali e le aspettative di un ulteriore allentamento sono di supporto al settore. Le politiche di Trump e del Partito Repubblicano (deregolamentazione/taglio delle tasse) dovrebbero fornire ulteriore sostegno. Tuttavia, l’impatto a lungo termine delle politiche repubblicane è meno chiaro. In passato, le maggiori opportunità e il maggiore margine di manovra normativo hanno portato a comportamenti più rischiosi e a un maggior ricorso alla leva finanziaria, due fattori che tendono a non favorire gli obbligazionisti. Vista la compressione degli spread creditizi (costosi rispetto agli standard storici ma non sopravvalutati), sarà difficile generare sovraperformance significative. Siamo più fiduciosi sulla performance assoluta che su quella relativa (misurata rispetto ad altri settori o classi di attivo). Da un’analisi combinata di fondamentali/fattori tecnici e valutazioni, risulta appropriata una strategia altamente selettiva. La nostra priorità resta evitare le società e i settori a rischio (a causa di sottoperformance idiosincratiche, sfide strutturali o dirigenti più aggressivi) e integrare quanto più rendimento possibile nel portafoglio senza mettere a rischio i rendimenti per via di perdite su crediti o un allargamento degli spread e senza correre rischi eccessivi. Quanto agli spread, dati gli attuali livelli è difficile essere certi che possano ridursi ulteriormente e in maniera significativa, benché non sia impossibile, dato che i fondamentali sia a livello macro che a livello settoriale rimangono solidi. Continuiamo a individuare migliori opportunità tra i titoli statunitensi e le obbligazioni di banche europee denominate in euro.
A costo di sembrare un disco rotto, continuiamo a trovare le migliori opportunità nel credito cartolarizzato, sia di agenzia che non. Alla luce dell’attuale instabilità e incertezza in tutto il mondo, riteniamo che questo settore possa continuare a registrare buone performance. Le famiglie statunitensi con un elevato merito creditizio mantengono bilanci solidi, e questo dovrebbe continuare a favorire il credito al consumo e le strutture ausiliarie, in particolare a fronte della stabilità dei prezzi delle abitazioni e del tasso di disoccupazione ancora ridotto. Anche i cambiamenti nella politica fiscale degli Stati Uniti dovrebbero generare dinamiche di sostegno. Nel settore dei titoli di agenzia, le emissioni a cedola più elevata continuano a essere interessanti rispetto a quelle investment grade e ad altre strutture cedolari di agenzia, e riteniamo che potrebbero fare meglio dei Treasury USA. Anche i titoli garantiti da collaterale (ABS) e i titoli garantiti da ipoteca commerciale (CMBS) rimangono interessanti, anche se è bene essere molto selettivi quando si investe in titoli garantiti da centri direzionali commerciali.
Le obbligazioni dei mercati emergenti rimarranno probabilmente sfavorite durante le prime fasi del governo repubblicano guidato da Trump. Una crescita statunitense più forte, sommata a tassi d’interesse più elevati più a lungo e a legami commerciali globali più deboli, di solito non porta a buone performance nei mercati emergenti. Ciò nonostante, riteniamo che i paesi con buone prospettive economiche, crescita discreta, calo dell’inflazione, rendimenti reali elevati e banche centrali disposte e in grado di tagliare i tassi d’interesse, malgrado i cambiamenti normativi negli Stati Uniti, possano registrare buone performance. La scelta dei titoli e la selezione geografica rimangono cruciali. Continuiamo a evitare le obbligazioni brasiliane in quanto i rischi fiscali e monetari rimangono irrisolti. La banca centrale brasiliana ha agito in chiave fermamente restrittiva aumentando i tassi d’interesse, senza tuttavia ottenere alcun risultato fino ad oggi. Nel corso del 2025, le obbligazioni locali brasiliane potrebbero diventare più interessanti. Riteniamo probabile che alcuni paesi a più alto rendimento e con legami commerciali più deboli con gli Stati Uniti, come l’Egitto, possano registrare performance relativamente migliori.
Sui mercati valutari, il dollaro mantiene la sua forza e difficilmente la situazione cambierà nel breve periodo. Sebbene il dollaro appaia costoso rispetto ai suoi livelli storici, il suo supporto fondamentale rimane elevato e gran parte delle altre valute mondiali va incontro a criticità molto più significative. Le politiche fiscali più accomodanti, la politica monetaria più restrittiva (rispetto alle attese), le guerre commerciali e il rafforzamento della crescita statunitense sono tutti fattori a favore del dollaro. Tuttavia, questo scenario roseo è esposto al rischio di un peggioramento del mercato del lavoro statunitense. Un tale epilogo indurrebbe la Fed a diventare più aggressiva nel tagliare i tassi d’interesse visto il suo duplice mandato. A parte questo, l’economia statunitense continua a eccellere in quanto a crescita, produttività, utili e livelli di rendimento. Sarà difficile per altri paesi generare il tipo di sostegno fondamentale di cui gode il dollaro statunitense, soprattutto con un’amministrazione repubblicana dedita all’innalzamento dei dazi. A questo punto sembra che il deprezzamento del dollaro possa dipendere solo da eventuali fattori negativi sul versante statunitense. Tuttavia, i dazi imminenti rendono un simile scenario improbabile. Riteniamo sensato evitare posizioni di sottopeso nel dollaro statunitense rispetto ad altre valute dei mercati sviluppati. Detto questo, consideriamo vantaggiose anche posizioni più idiosincratiche in alcune valute emergenti. La parola chiave è “selettività”.
Tassi d’interesse/Tassi di cambio dei mercati sviluppati
Rassegna mensile
A dicembre, i tassi d’interesse dei mercati sviluppati sono saliti e la pendenza delle curve dei rendimenti ha continuato ad aumentare, nonostante dati sull’inflazione e sul mercato del lavoro ampiamente in linea con le aspettative. Il motivo della correzione è stata la riunione del FOMC, i cui toni sono stati più restrittivi di quanto il mercato non si aspettasse, nonostante il taglio di 25 pb ampiamente previsto. Le stime ufficiali relative all’andamento dei tassi e al tasso neutrale di lungo periodo sono state riviste significativamente al rialzo nel Summary of Economic Projections, e il presidente della Fed, Jerome Powell, ha ribadito i toni più restrittivi durante la conferenza stampa. Le obbligazioni a più lunga scadenza hanno sottoperformato quelle a breve scadenza, e anche il premio a termine è salito.
Nell’Area Euro, i dati economici hanno dato qualche segnale di stabilizzazione dopo il peggioramento osservato a novembre. Nonostante il continuo deterioramento del clima di fiducia nel settore manifatturiero tedesco e francese, il PMI dei servizi dell’Area Euro è tornato in territorio di espansione. Nella riunione di dicembre, la Banca centrale europea (BCE) ha ridotto il suo tasso ufficiale di altri 25 pb e le dichiarazioni a margine lasciano ipotizzare la percezione di ulteriori rischi al ribasso per la crescita.
Sui mercati valutari, nel mese in esame il dollaro statunitense ha continuato ad apprezzarsi nei confronti di tutte le altre valute del G10, in quanto la crescita più sostenuta degli Stati Uniti e l’orientamento restrittivo della Fed hanno portato a un ulteriore ampliamento dei differenziali di tasso tra gli Stati Uniti e i loro omologhi globali. L’indice del dollaro ha raggiunto livelli che non si vedevano dal 2022, poiché i mercati hanno cominciato a tenere conto anche delle prospettive per il commercio mondiale sotto la nuova amministrazione Trump. Il dollaro australiano e il dollaro neozelandese sono state le valute più penalizzate negli scambi, insieme allo yen giapponese, che si è indebolito a causa dell’atteggiamento più accomodante del previsto della Banca del Giappone nella riunione di dicembre.
Prospettive
Abbiamo un posizionamento di duration complessivamente neutrale nei mercati sviluppati, a parte il Giappone, e manteniamo esposizioni orientate a un irripidimento della curva, in particolare negli Stati Uniti. Continuiamo a sottopesare la duration degli Stati Uniti rispetto a quella del Regno Unito e della Nuova Zelanda. Sebbene le aspettative della Fed e le valutazioni dei Treasury USA appaiano più ragionevoli dopo la recente correzione, la crescita economica degli Stati Uniti rimane robusta e le pressioni inflazionistiche, in particolare nel settore dei servizi, restano elevate. Confermiamo un sottopeso nei JGB e il posizionamento lungo nei titoli giapponesi indicizzati all’inflazione, poiché riteniamo che la risalita dell’inflazione sia di natura strutturale e che la BoJ aumenterà i tassi d’interesse oltre le attuali previsioni del mercato. Confermiamo il nostro ottimismo sul dollaro australiano e sul dollaro USA rispetto al dollaro canadese e preferiamo lo yen all’euro.
Tassi d’interesse/Tassi di cambio dei mercati emergenti
Rassegna mensile
La performance dei mercati del debito emergente è stata negativa, in quanto nel mese in rassegna le valute emergenti si sono ampiamente svalutate e il credito sovrano e societario hanno subito l’impatto negativo dell’aumento dei rendimenti dei Treasury statunitensi. Le elezioni presidenziali americane hanno catturato l’attenzione degli investitori di tutto il mondo. Dopo il primo taglio dei tassi della Fed nell’attuale ciclo, giunto a settembre, il mese di ottobre è stato caratterizzato dall’incertezza in vista delle elezioni: i rendimenti dei Treasury statunitensi sono aumentati e il dollaro ha guadagnato terreno. Il mercato ha reagito alla vittoria di Trump con un aumento della volatilità e, nonostante il taglio dei tassi deciso nella riunione di dicembre, il tono meno accomodante della Fed ha catalizzato l’attenzione degli investitori e i tassi hanno continuato a salire insieme al dollaro USA. In Medio Oriente, l’incertezza geopolitica è aumentata con la caduta del regime di Assad in Siria dopo quattro decenni di governo. La caduta del regime è stata in parte una conseguenza dell’indebolimento dell’Iran. Le alleanze e i centri di potere della regione possono mutare a causa della guerra in corso nella regione. Il presidente della Corea del Sud, Yoon Suk Yeol, ha imposto brevemente la legge marziale per “proteggere il Paese dalle forze antistatali”, probabilmente a causa dei problemi politici di Yoon e della sua perdita di influenza dopo la vittoria dell’opposizione alle elezioni generali di quest’anno. Yoon e il presidente ad interim Han Duck-soo sono stati entrambi messi sotto impeachment dal Parlamento, creando una situazione politica ambigua, ma la Corte costituzionale deve ancora stabilire se l’impeachment è legale.
La performance corretta per i fattori di rischio insiti nel debito emergente è stata negativa. L’indice delle obbligazioni societarie dei mercati emergenti ha subito il calo minore in virtù della compressione degli spread, ma l’aumento dei rendimenti dei Treasury statunitensi ha dominato la performance. Anche l’indice dei titoli sovrani emergenti denominato in USD ha registrato una compressione degli spread, in misura minore rispetto alle emissioni societarie, ma i rendimenti dei Treasury statunitensi hanno avuto un effetto simile sulla performance. Infine, il segmento in valuta locale dell’asset class è stato il più penalizzato a causa del deprezzamento valutario e dell’aumento dei tassi locali, anche se inferiore a quello dei rendimenti dei Treasury statunitensi. I deflussi sono proseguiti durante il trimestre, con fuoriuscite nette di capitali per circa USD 15,8 miliardi a livello globale dai fondi dedicati di debito dei mercati emergenti, di cui USD 11,6 miliardi dai fondi in valuta forte e USD 4,2 miliardi dai fondi in valuta locale.
Prospettive
La Fed statunitense ha tagliato i tassi in occasione della riunione di dicembre, come ampiamente previsto. Tuttavia, il cambio dei toni e la prospettiva di tagli futuri nel 2025 denunciano un atteggiamento più restrittivo rispetto a pochi mesi fa. Le banche centrali dei paesi emergenti continueranno a monitorare le mosse della Fed per gestire i futuri tagli dei tassi. Il differenziale tra mercati emergenti e mercati sviluppati in termini di rendimenti reali si è ampliato, in quanto nei mercati emergenti il numero di tagli dei tassi è diminuito, mentre i mercati sviluppati hanno portato avanti il loro ciclo espansivo. L’inflazione dei mercati emergenti ha continuato a scendere, anche se a un ritmo più lento, ma il mercato rimane cauto in previsione di misure globali suscettibili di riaccendere l’inflazione. Anche se la politica statunitense spesso non è direttamente collegata ai mercati emergenti, le politiche possono avere effetti a catena. Con l’insediamento della nuova amministrazione, la politica estera e la politica commerciale cominceranno a prendere forma. Seguiremo da vicino l’impatto che ciò potrà avere sui singoli paesi. Le tensioni geopolitiche sono aumentate nel corso del trimestre. La caduta del regime di Assad e l’allargamento del conflitto oltre Israele e Hamas sono in grado di modificare i centri di influenza e le alleanze all’interno della regione. Data l’incertezza che avvolge il contesto macro, continuiamo a fare leva sulla differenziazione a livello di paesi ed emissioni per individuare opportunità di valore.
Credito societario
Rassegna mensile
A dicembre il mercato investment grade europeo ha registrato un restringimento degli spread, determinato dalla solidità dei fattori tecnici, mentre i rendimenti dei titoli di Stato sono saliti. Sia la BCE che la Fed hanno tagliato i tassi di interesse di 25 pb, la prima per sostenere la crescita economica e la seconda per segnalare una svolta più prudente. In Francia è caduto il governo di Michel Barnier, con il primo voto di sfiducia andato a segno dal 1962. In un mese tranquillo in termini di notizie sul fronte societario, sono emerse voci di una fusione tra Honda e Nissan, che hanno portato a un sostanziale restringimento degli spread creditizi di Nissan. Nel frattempo, la pubblicazione dei “Rilievi finali” dell’OFWAT è stata considerata ampiamente positiva per il travagliato settore idrico britannico. Le emissioni primarie sono state stagionalmente modeste, collocandosi nella fascia intermedia dell’intervallo previsto a quota EUR 5 miliardi. Gli afflussi verso questa classe di attivo sono proseguiti a un ritmo sostenuto e gli investitori hanno continuato ad andare in cerca del rendimento “all-in” offerto dal credito IG.
La performance dei mercati high yield statunitensi e globali ha segnato il passo a dicembre a causa del lieve ampliamento degli spread e del forte aumento dei rendimenti dei Treasury statunitensi. L’aumento dei tassi di riferimento, sommato all’ampliamento degli spread, ha fatto sì che il rendimento medio delle emissioni high yield statunitensi raggiungesse il livello più alto degli ultimi quattro mesi a fine anno.5 Anche in questo caso i segmenti di qualità più bassa hanno generalmente sovraperformato su base mensile, mentre il segmento BB, di qualità più elevata e con duration più lunga, ha sottoperformato a causa dell’aumento dei rendimenti dei Treasury statunitensi. Infine, dicembre è stato un mese dinamico per quanto riguarda le insolvenze e il segmento distressed nel settore dei crediti a leva. Tuttavia, gran parte del volume di scambio è da ricondurre a un unico operatore attivo nel campo dei mass media.
A dicembre le obbligazioni convertibili globali hanno perso quota insieme ad altri attivi rischiosi. La riduzione dei tassi a breve termine operata dalla Federal Reserve a dicembre era stata ampiamente prevista. Tuttavia, i commenti relativi a una maggiore prudenza futura sono stati considerati restrittivi. Ciò ha spinto al ribasso i mercati azionari statunitensi e al rialzo i rendimenti dei Treasury USA. Nel complesso, le obbligazioni convertibili globali hanno sovraperformato le azioni e le obbligazioni globali nel corso del mese. Anche a dicembre le nuove emissioni sono state considerevoli e la maggior parte dei nuovi collocamenti mensili è riconducibile agli Stati Uniti. Nel corso del mese, inoltre, la classe di attivo ha continuato a registrare l’ingresso sul mercato di emittenti legati alle criptovalute. In totale, a dicembre sono stati collocati titoli per USD 12,0 miliardi, portando il totale delle emissioni nel 2024 a USD 119 miliardi.
Prospettive
Guardando al futuro, il nostro scenario di base sul credito resta ottimistico, sostenuto dalle aspettative di un “soft landing”, da una politica fiscale che continua a sostenere crescita/occupazione/consumi e da fondamentali aziendali solidi. Ciò è supportato anche da una strategia societaria generalmente a basso rischio. L’emissione netta gestibile e la forte domanda del rendimento “all-in” offerto dal credito IG dovrebbero creare dinamiche tecniche propizie. Guardando agli spread creditizi, riteniamo che il mercato offra del valore ma riteniamo che il principale fattore di rendimento sia il carry e che ulteriori guadagni possano venire dalla selezione settoriale e, in misura crescente, da quella dei singoli titoli. Data l’incertezza del quadro dei fondamentali a medio termine, nutriamo una minore fiducia in un sostanziale restringimento degli spread.
Inauguriamo il 2025 con un giudizio relativamente bilanciato sul mercato high yield. Questo giudizio comprende la previsione di una volatilità sporadica e la consapevolezza che, sebbene i rendimenti rimangano storicamente interessanti, in termini di spread il mercato high yield offre prezzi vicini alla perfezione. Siamo giunti a questa conclusione dopo un’analisi approfondita di fattori quali l’evoluzione delle politiche monetarie delle banche centrali mondiali, la crescita economica statunitense e globale, la salute dei consumi, i fondamentali degli emittenti high yield, le condizioni tecniche e le valutazioni. In definitiva riteniamo che, in media, il rendimento compensi in modo interessante il rischio di credito sottostante, ma che perseguire il rischio insito nelle fasce di rating più basse porterà a risultati punitivi.
Rimaniamo ottimisti circa le prospettive del mercato globale delle obbligazioni convertibili in questa prima fase del 2025. I fattori tecnici sono solidi, in quanto le obbligazioni convertibili hanno mantenuto un profilo bilanciato, i tassi d’interesse restano relativamente alti, le valutazioni azionarie sono aumentate nel 2024 e le società continuano ad avere bisogno di finanziamenti. L’emissione di nuove obbligazioni convertibili è stata sostenuta nel 2024 e prevediamo che continuerà a esserlo in parallelo con la moderata riduzione dei tassi d’interesse ad opera delle banche centrali mondiali e con la scadenza delle obbligazioni emesse durante la pandemia di Covid-19. Infine, la volatilità dovrebbe aumentare in questo nuovo anno, dato che le tensioni geopolitiche e regionali permangono e i mercati sono impegnati a metabolizzare le misure varate dall’amministrazione Trump che accinge a insediarsi.
Prodotti cartolarizzati
Rassegna mensile
A dicembre, gli spread degli MBS statunitensi di agenzia si sono ristretti di 3 pb e ora sono più ampi di circa 4 pb su base annua (a +135 pb) rispetto ai Treasury statunitensi. Se consideriamo la notevole compressione degli spread avvenuta in altri settori del credito, gli MBS di agenzia rimangono uno dei pochi segmenti obbligazionari con valutazioni interessanti. Nel mese in esame, le posizioni in MBS della Fed si sono ridotte di USD 3,5 miliardi, scendendo a USD 2.237 miliardi, e sono ora di USD 459 miliardi più basse rispetto al picco del 2022. Dopo un protratto periodo di aumenti mensili, le disponibilità di MBS delle banche statunitensi sono diminuite leggermente (di USD 7 miliardi), raggiungendo USD 2.643 miliardi a dicembre. Le disponibilità di MBS delle banche sono ancora in calo, di circa USD 329 miliardi dall’inizio del 2022. Gli spread dei titoli cartolarizzati sono rimasti sostanzialmente invariati a dicembre. L’emissione di cartolarizzazioni è rallentata con il proseguimento delle festività natalizie, dato che molti emittenti hanno scelto di entrare nel mercato prima delle elezioni; l’offerta è stata ben assorbita e ha incontrato una forte domanda. Da inizio anno, il credito cartolarizzato ha sovraperformato la maggior parte degli altri settori di qualità creditizia analoga, grazie all’elevato carry dei cash flow e alla minore duration dei tassi d’interesse.
Prospettive
Ci attendiamo un restringimento degli spread degli MBS statunitensi di agenzia, in quanto i capitali dovrebbero spostarsi dalla liquidità e dagli strumenti equivalenti verso l’interessante profilo di rendimento di questo settore. Ci aspettiamo anche che gli spread dei crediti cartolarizzati si riducano in linea con gli spread degli MBS di agenzia. I settori del credito cartolarizzato hanno registrato alcune delle performance migliori del 2024 e prevediamo che tale primato continui anche nel 2025. Riteniamo che nei prossimi mesi i rendimenti giungeranno principalmente dal carry dei cash flow, visti i rendimenti più elevati in apertura d’anno, sebbene sia prevedibile che un ulteriore impulso proverrà anche dal restringimento degli spread dovuto alla maggiore domanda. Restiamo del parere che i livelli dei tassi attuali rappresentino un problema per molti debitori e che continueranno a erodere i bilanci delle famiglie, mettendo sotto pressione alcuni ABS dei beni di consumo, in particolare quelli che riguardano debitori con redditi bassi. Anche il settore immobiliare commerciale continua a risentire dei tassi di finanziamento attuali. Il settore dei titoli garantiti da ipoteche residenziali resta il nostro preferito nonché quello che offre le opportunità più interessanti in tutte le fasce di rating, mentre siamo più cauti nei confronti degli ABS e dei CMBS con rating più basso. Rimaniamo ottimisti sulle valutazioni degli MBS di agenzia, che restano interessanti rispetto agli spread delle società investment grade e ai loro spread storici.