Approfondimenti
Un'altra sorpresa ad ottobre: Sarà un déjà vu?
|
Global Fixed Income Bulletin
|
• |
ottobre 31, 2023
|
ottobre 31, 2023
|
Un'altra sorpresa ad ottobre: Sarà un déjà vu? |
Ottobre è stato un altro mese difficile per l’obbligazionario globale: i rendimenti hanno continuato a salire (le curve si sono irripidite, con i rendimenti a lungo termine che sono aumentati più di quelli a breve termine), gli spread si sono ampliati e il dollaro si è rafforzato. Con lo scoppio della guerra in Medio Oriente, la resilienza dell’economia statunitense e l’inflazione persistente a livello globale, è parso evidente che i tassi sarebbero rimasti più alti ancora più a lungo. Il rendimento a 10 anni è salito di 36 punti base (pb) negli Stati Uniti, di 18 pb in Giappone, di 25 pb in Nuova Zelanda e di 44 pb in Australia. Anche i rendimenti dei mercati emergenti hanno proseguito la loro ascesa in quanto la maggior parte dei paesi si è concentrata su quello che stava accadendo negli Stati Uniti. Più tempo impiegherà l’economia statunitense a rallentare e il dollaro a indebolirsi e più sarà difficile la ripresa degli attivi dei mercati emergenti e la crescita globale di sovraperformare gli Stati Uniti. Inoltre, lo scoppio della guerra in Medio Oriente ha accresciuto la volatilità nel settore obbligazionario e aumentato l’incertezza in un contesto già difficile. Sono queste le ragioni che hanno causato l’ampliamento degli spread creditizi nel corso del mese (la resilienza dell’economia statunitense, l’inflazione persistente, l’orientamento restrittivo delle politiche monetarie, i tassi più alti, il conflitto in Medio Oriente, ecc.), con il segmento high yield che ha sottoperformato l’investment grade. Il credito cartolarizzato ha registrato un andamento disomogeneo nel corso del mese, ma la tendenza è stata un leggero ampliamento degli spread. In ambito valutario, il dollaro statunitense (USD) ha continuato a rafforzarsi rispetto alla maggior parte delle altre valute.
Prospettive per il mercato obbligazionario
Le condizioni dei mercati obbligazionari restano difficili, con curve dei rendimenti invertite, più ripide, volatilità dei prezzi, tutti fattori che non ci consentono di avere un quadro chiaro su quello che ci aspetta nel 2024. Sappiamo con certezza che la crescita è stata robusta negli Stati Uniti e debole al di fuori di questi. A nostro avviso la solidità economica degli Stati Uniti è stata la ragione per cui nel terzo trimestre i rendimenti finanziari globali sono risultati deludenti. In particolare, la performance deludente a settembre è proseguita anche ad ottobre. Ad ottobre, i rendimenti reali dei Treasury USA a 10 anni sono saliti di altri 29 pb, determinando una performance deludente per i mercati finanziari lungo l’intero spettro del rischio. Per molti aspetti, la reazione dei mercati obbligazionari e azionari è stata comprensibile. Dopo la reazione contenuta dei mercati del credito all’ondata di vendite che ha investito i Treasury statunitensi a settembre, il mercato non è riuscito a trarre vantaggio dei dati molto positivi di ottobre (a partire dai dati sorprendenti sull’occupazione dei primi del mese per finire con i dati sul PIL estremamente solidi del terzo trimestre) in quanto i timori di un atterraggio duro hanno portato ad un sostanziale ampliamento degli spread creditizi. In altre parole, i mercati del credito sono stati in grado di assorbire solo in parte le “buone” notizie.
In condizioni normali, le notizie economiche positive avrebbero giovato sia i mercati obbligazionari che azionari, ma ciò non è successo ad ottobre. Con l’inflazione ancora ben al di sopra dell’obiettivo e che sembrerebbe destinata a mostrare una certa persistenza nei prossimi mesi, la notizia che l’economia statunitense aveva continuato ad accelerare ben al di sopra del trend ha fatto ulteriormente salire i tassi d’interesse. Le ripercussioni dell’ondata di vendite sia sul mercato azionario che obbligazionario hanno inasprito le condizioni finanziarie e hanno placato l’ottimismo di inizio anno quando si pensava che l’economia avrebbe subito un rallentamento sufficiente da evitare correzioni nei mercati azionari e dei tassi.
Uno dei principali sviluppi che ha messo fine alla fase ribassista del mercato nel terzo trimestre è attribuibile ai commenti dei funzionari della Fed, tra cui Jerome Powell (il presidente della Fed), sia prima che dopo la riunione di novembre del Federal Open Market Committee (FOMC), in cui si manifestava il timore che l’inasprimento delle condizioni finanziarie stesse diventando eccessivo. I commenti sono serviti a compromettere la probabilità dell’agognato scenario di un “atterraggio morbido” (ossia calo dell’inflazione, nessuna recessione), fortemente auspicato dalla Fed.
Uno degli aspetti più interessanti della correzione del mercato obbligazionario è stato l’irripidimento della curva dei rendimenti, con i rendimenti a lungo termine che sono aumentati più di quelli a breve termine, che ci ha indotti a fare alcune riflessioni di base. In primo luogo, la forte crescita ha determinato un aumento dei tassi reali (sopra menzionato). In secondo luogo, il governo statunitense sta gestendo un deficit consistente, considerata la solidità dell’economia, incrementando l’offerta obbligazionaria in un mercato già saturo di Treasury USA. Di fatto, tre dei maggiori acquirenti di Treasury si sono dileguati o hanno significativamente ridotto la loro domanda: la Fed sta attuando il quantitative tightening (QT), le banche stanno perdendo riserve o stanno registrando perdite significative sui portafogli di titoli e le istituzioni ufficiali estere si stanno mostrando meno attive data la fase ribassista dei tassi. Infine, i commenti della Fed hanno lasciato presagire che non ci saranno ulteriori rialzi dei tassi, anche se nel dot-plot è apparso un altro aumento. La decisione di non attuare ulteriori rialzi dei tassi a fronte di un’inflazione ancora molto elevata indica la volontà di non inasprire ulteriormente la politica monetaria ed evitare una recessione, ponendo in secondo piano la lotta all’inflazione.
Alla fine del mese, dopo la correzione del terzo trimestre, i rendimenti globali apparivano interessanti, ma ciò non è durato a lungo. Gli interventi e i commenti della Fed durante la riunione di novembre del FOMC, i dati sulla fiducia delle imprese statunitensi piuttosto deboli, (congiuntamente alla marcata debolezza in Europa) e la brusca flessione della crescita dell’occupazione, hanno innescato un significativo rally. Dal 31 ottobre al 3 novembre, i rendimenti dei Treasury USA sono scesi di 38 pb, ritornando su livelli che non si vedevano dalla metà di settembre. Rally analoghi si sono verificati in gran parte dei mercati obbligazionari delle economie sviluppate, mentre i mercati emergenti hanno sottoperformato. Ciò ha determinato una riduzione dell’attrattivà dei titoli di Stato in quanto, a nostro avviso, non riteniamo che l’economia americana sia destinata a passare in territorio recessionistico a breve. L’inflazione è ancora significativamente al di sopra dell’obiettivo (benché stia scendendo) e sarà più difficile compiere progressi. Di fatto, vi sono dei motivi per cui l’inflazione potrebbe aumentare nei prossimi mesi. Anche se è possibile che la Fed abbia effettivamente concluso il suo ciclo di rialzo dei tassi, ciò non significa che inizierà a breve quello di un taglio dei tassi. Pertanto, benché la maggior parte delle banche centrali abbia probabilmente concluso la fase di aumento dei tassi, non abbiamo ancora terminato l’era dei tassi elevati, la cui persistenza rimane fondamentale per vincere la guerra contro l’inflazione. Ora che in molti paesi (Eurozona, Stati Uniti e Canada) i mercati hanno inglobato nei prezzi i tagli dei tassi, vi è una ragionevole possibilità che tali tagli non vengano attuati o che vengano realizzati in termini contenuti. È opportuno precisare che le probabilità di tagli dei tassi in Eurozona sono più alte rispetto agli Stati Uniti, il che è già riflesso negli spread dei rendimenti obbligazionari e nell’andamento della curva dei rendimenti. Nutriamo dei dubbi riguardo alla ricerca di rendimenti inferiori in questo contesto. Riteniamo che in questo momento sia giustificato un posizionamento neutrale ai tassi d’interesse, nell’attesa di nuovi dati sulla portata del rallentamento economico statunitense e globale, soprattutto sul fronte dell’inflazione.
Riteniamo che alcuni titoli obbligazionari dei mercati emergenti siano interessanti, considerando che gli ultimi dati congiunturali statunitensi pubblicati a novembre fanno presagire che nel terzo trimestre l’irrigidimento delle condizioni finanziarie stia facendo rallentare l’economia. Questa “cattiva” notizia, ossia il rallentamento dell’economia statunitense, rappresenta una “buona” notizia per i mercati emergenti. In generale, rendimenti stabili e più bassi e un dollaro più debole hanno ricadute positive sui mercati emergenti. Preferiamo i mercati obbligazionari dell’America Latina in quanto le banche centrali di quest’area sono riuscite a tagliare i tassi e dovrebbero continuare a farlo se la Fed manterrà davvero i tassi invariati.
I mercati creditizi sono gli altri beneficiari di un calo dei rendimenti dei Treasury USA e di un rallentamento della crescita (non di un indebolimento della crescita che sarebbe invece negativo). In ottobre gli spread creditizi sono stati penalizzati dal rapido aumento dei tassi, pertanto il successivo ampliamento/restringimento degli spread era prevedibile a fronte del calo dei rendimenti della prima settimana di novembre. Se la Fed sta realmente inaugurando una linea politica più accomodante e con le economie non statunitensi in difficoltà generalizzata, i mercati creditizi dovrebbero conseguire buone performance. Tuttavia il problema principale rimane la crescita che non può continuare ad essere sostenuta. Questo rimetterebbe in gioco l’orientamento restrittivo da parte della Fed, soprattutto se il miglioramento sul fronte dell’inflazione dovesse registrare una frenata. D’altro canto, se la crescita statunitense dovesse rallentare sensibilmente, la Fed potrebbe tagliare i tassi d’interesse mantenendo al contempo una politica monetaria restrittiva, considerati i tassi sulla liquidità al 5,5%. Riteniamo necessario assumere un posizionamento solo moderatamente lungo nei mercati creditizi, sia nel segmento investment grade che high yield. In questo contesto, le obbligazioni high yield a più breve scadenza appaiono interessanti. Le prospettive per l’inflazione saranno cruciali per determinare se i mercati dovranno preoccuparsi degli spread creditizi.
Continuiamo a preferire le emissioni cartolarizzate a breve scadenza, come i titoli garantiti da ipoteche residenziali (RMBS), i titoli garantiti da collaterale (ABS) e soprattutto alcuni titoli garantiti da ipoteche commerciali (CMBS). Tuttavia, le prospettive sono leggermente peggiorate in quanto i bilanci delle famiglie statunitensi stanno subendo maggiori pressioni e i risparmi in eccesso si stanno esaurendo. Cerchiamo di approfittare dei maggiori rendimenti offerti dall’elevata qualità creditizia al fine di conseguire i nostri obiettivi di redditività piuttosto che avventurarci nello spettro rischio/rating. Ciò ridurrebbe le probabilità di ulteriori rialzi dei tassi e di maggiori costi di finanziamento, con ricadute positive sui titoli cartolarizzati. Nell’ambito del credito cartolarizzato, privilegiamo i mutui residenziali non di agenzia, malgrado il peggioramento dell’accessibilità economica degli immobili. Per quanto possa sembrare strano, è possibile che il settore dell’edilizia residenziale negli Stati Uniti abbia raggiunto il punto di svolta e che i prezzi stiano riprendendo a salire.
Anche le prospettive per il dollaro statunitense stanno cambiando, tuttavia manteniamo un posizionamento sostanzialmente neutrale. Malgrado la solidità del terzo trimestre, in molti casi il dollaro non è riuscito a toccare nuovi massimi nonostante di fondamentali favorevoli. Sembrerebbe più opportuno iniziare a pensare a un sottopeso nel dollaro, non rispetto alle valute dei paesi sviluppati, ma rispetto ad alcune valute dei mercati emergenti. Molte valute dei mercati sviluppati godono di fondamentali poco favorevoli che le rendono meno appetibili rispetto al dollaro USA. Tuttavia, il calo e la maggiore stabilità dei rendimenti statunitensi, uniti al carry ancora elevato di molte valute emergenti, rendono quest’ultime delle alternative ragionevoli.
Tassi d’Interesse/Tassi di cambio dei Mercati Sviluppati
Analisi mensile
Nel mese di ottobre, i tassi dei mercati sviluppati sono ripartiti dal punto in cui si erano fermati a settembre. I dati sono rimasti sorprendentemente resilienti, i rendimenti sono saliti e le curve si sono irripidite. Le banche centrali hanno fatto intendere sempre più chiaramente di essere prossime alla conclusione del ciclo di rialzi, se non addirittura di averlo terminato. Tuttavia, hanno anche dichiarato che difficilmente i tagli dei tassi inizieranno a breve. Di conseguenza, i rendimenti a breve termine hanno esibito un andamento più disomogeneo rispetto a quelli a lungo termine che si sono mantenuti più elevati. Negli Stati Uniti, i rendimenti sulle scadenze a 2, 10 e 30 anni sono saliti rispettivamente di 4, 36 e 39 pb a fronte del brusco irripidimento della curva. Nonostante non vi sia stata alcuna riunione della Fed, i dati si sono mostrati resilienti: l'IPC ha superato le attese e il PIL ha chiuso al 4,9% su base trimestrale (tasso annuo destagionalizzato). I rendimenti in Eurozona sono stati più altalenanti e i segmenti della curva dei rendimenti si sono mossi al ribasso poiché i dati si sono rivelati più deboli del previsto. Anche la Banca centrale europea ha optato per sospendere i rialzi dei tassi, con il mercato che ha interpretato il comunicato come accomodante. La Bank of China, la Banca del Giappone, la Reserve Bank of Australia e la Reserve Bank of New Zealand hanno mantenuto i tassi di riferimento invariati.1
Prospettive
In ottobre il tema principale è rimasto quello dell’“irripidimento delle curve”, in quanto i rendimenti a lungo termine hanno subito pressioni maggiori di quelli a breve termine che sono rimasti prevalentemente invariati. Sebbene il movimento sia stato attribuito a molti fattori, la perdurante resilienza dell’economia statunitense, il cambio di orientamento della banca centrale e l’aumento del premio a termine ne spiegano probabilmente la maggior parte. Nonostante la forte correzione rilevata sui rendimenti a lungo termine, non è chiaro se il grosso dell’ondata di vendite sia ormai alle nostre spalle Molte curve sono ancora invertite e il premio a termine, pur essendo elevato rispetto ai livelli negativi dell’ultimo decennio, è ancora ben al di sotto dei livelli del +1-3% riscontrati prima del periodo post-crisi finanziaria globale. Allo stesso tempo, l'aumento dei rendimenti dovrebbe tradursi in un inasprimento delle condizioni finanziarie, esercitando ulteriori pressioni sull’economia. Data l’incertezza, è difficile prendere una posizione netta sui tassi d’interesse; tuttavia, continuiamo a ritenere interessanti l’irripidimento di alcune parti della curva, in quanto potrebbero continuare a beneficiare di ulteriori aumenti del premio a termine e/o di un più tipico irripidimento qualora la Fed dovesse tornare sui suoi passi dinanzi a un indebolimento dell’economia. Sul fronte valutario, il dollaro statunitense è rimasto perlopiù invariato, ad appena lo 0,5%. Ci manteniamo neutrali sul dollaro USA, preferendo concentrarci su altre opportunità interessanti.
Tassi d’Interesse/Tassi di Cambio dei Mercati Emergenti
Analisi mensile
Nel mese, il debito dei mercati emergenti (EMD) ha generato rendimenti negativi in tutti i segmenti di questa classe di attivo. I differenziali si sono ampliati sia per il credito sovrano che per quello societario e la maggior parte delle valute dei paesi emergenti si è indebolita. Gli occhi sono rimasti puntati sulla Fed, la cui nuova riunione si è tenuta subito dopo la fine del mese, in uno scenario caratterizzato dal costante rafforzamento del dollaro e da un mercato sempre più pessimista. Lo scoppio della guerra in Medio Oriente ha generato incertezza nella regione. Le banche centrali dei paesi emergenti hanno mostrato un comportamento contrastante: alcune, come quelle di Indonesia e Filippine, hanno optato per un rialzo dei tassi in considerazione del contesto macroeconomico, mentre il Cile ha continuato a tagliare i tassi, anche se in misura inferiore alle attese. Tra le valute dei mercati emergenti spicca lo zloty polacco, apprezzatosi dopo l'elezione del nuovo governo che ha promesso nuove misure di riforma e il miglioramento dei rapporti con l'Unione europea. I deflussi sono proseguiti sia per i fondi in valuta forte che per quelli in valuta locale, rispettivamente a USD -8,0 miliardi e USD -5,1 miliardi.2
Prospettive
Sebbene la Fed sia prossima a concludere piuttosto che ad intraprendere il ciclo di inasprimento, resta l'incertezza sia sul tasso terminale della Fed che sulla durata del tasso di riferimento sui livelli attuali. La politica monetaria più ortodossa adottata da varie banche centrali dei mercati emergenti ha consentito loro di mettere fine ai cicli di inasprimento e, in un numero sempre più alto di casi, di avviare la fase di allentamento. Tuttavia, alcune banche centrali dei mercati emergenti hanno iniziato a fare marcia indietro, tornando ad aumentare i tassi ed accentuando così la divergenza nella classe di attivo. La guerra in Medio Oriente denota una situazione complicata che continuerà ad essere attentamente monitorata. Un’analisi creditizia e geografica sarà cruciale per individuare il valore della classe di attivo.
Credito societario
Analisi mensile
Nel mese, gli spread del credito investment grade (IG) europeo hanno leggermente sovraperformato quelli statunitensi. Ottobre è stato infatti caratterizzato da un allargamento degli spread del mercato creditizio, con un aumento della volatilità relativa a singoli titoli i cui risultati del terzo trimestre hanno disatteso le aspettative. Nel periodo in esame, il clima di mercato è stato determinato da diversi fattori, tra cui la crescita del rischio geopolitico causato delle tensioni in Medio Oriente. In secondo luogo, l’ottimo andamento dei dati economici statunitensi sostenuti dalla solidità dei dati sull'occupazione rispetto a quelli in Europa in cui il PIL ha confermato la debolezza degli indicatori prospettici (PMI/IFO). A ciò si aggiungono i dati del terzo trimestre, pur complessivamente superiori alle attese, che hanno evidenziato un’imprevista debolezza nei settori dell’energia e dei prodotti chimici e alcune revisioni al ribasso delle aspettative di crescita. Infine, l'aumento dei tassi di interesse e della volatilità del mercato azionario, delle materie prime e dell'energia, ha indotto il mercato a esigere un aumento del premio al rischio spingendo al rialzo gli spread creditizi. Nel mese è stata rilevante la sottoperformance del segmento high yield rispetto a quello investment grade (i titoli BBB hanno sottoperformato gli A) e dei titoli finanziari rispetto a quelli industriali in USD (contrariamente ai titoli in euro dove il settore finanziario ha registrato risultati in linea con il benchmark, sostenuto dall'offerta contenuta a fronte del finanziamento delle banche nel mercato del dollaro.)3
Il mercato high yield sia statunitense che globale ha chiuso il mese di ottobre all’insegna della debolezza in un contesto di volatilità per i Treasury USA, disfunzioni del Congresso statunitense, utili generalmente deludenti per il segmento high yield e guerra in Medio Oriente. Il quadro tecnico dell’high yield è ulteriormente peggiorato a ottobre, nonostante la scarsità di nuove emissioni, a causa dell’ulteriore calo della domanda da parte degli investitori retail. Il mese ha segnato un netto stacco rispetto alla costante sovraperformance del segmento per primi nove mesi dell’anno.4
In ottobre, le obbligazioni convertibili globali hanno accusato una flessione per il terzo mese consecutivo al pari di altre classi di attivo, con il decennale statunitense che ha toccato quota 5% per la prima volta dal 2007. L’indice MSCI Global Equities ha perso terreno così come l'indice Global Aggregate Credit. L'indice Refinitiv Global Convertibles Focus è stato il fanalino di coda, in discesa del 2,97%. I titoli convertibili a più alto beta sono stati i più penalizzati, mentre le emissioni di qualità superiore, come le utility, hanno registrato i risultati migliori. In ottobre, il volume di emissioni è stato contenuto attestandosi a 3,9 miliardi in USD, in linea con il periodo dell'anno e il calo del segmento azionario.5
Prospettive
Guardando al futuro, il nostro scenario di base rimane invariato e le obbligazioni dovrebbero scambiare ai livelli attuali (dopo l’ampliamento dai minimi estivi a fine luglio), rendendo il carry un’interessante opportunità di rendimento. A novembre ci attendiamo un recupero dell’offerta, che in aggregato dovrebbe deludere le aspettative per il quarto trimestre. Nonostante sussista il rischio di prefinanziamento dell’offerta nel 2024, data l’inversione della curva dei rendimenti (il che rende poco costoso per le imprese mantenere la liquidità), l'incertezza economica per il primo trimestre del 2024 induce oggi a trarre vantaggio del mercato. Infine, monitoriamo con attenzione svariati fattori che potrebbero cambiare il quadro della situazione: l’annuncio sugli utili del terzo trimestre, il potenziale sostegno della politica economica cinese e l’aumento dei prezzi dell’energia.
L’high yield ha concluso il mese di ottobre con un rendimento interessante sui livelli storici. Tuttavia, manteniamo un orientamento abbastanza prudente a livello di prospettive e posizionamento. La prudenza è motivata dai catalizzatori prevalenti, tra cui le politiche monetarie restrittive, i fattori sfavorevoli a cui vanno incontro i consumi statunitensi e il segmento high yield, nonché le valutazioni che scambiano in linea con le medie storiche. Sui convertibili, permane l'ottimismo di una forte ripresa dell'offerta nei prossimi mesi data la narrativa dei tassi più alti ancora più a lungo.
Prodotti cartolarizzati
Analisi mensile
I differenziali del credito cartolarizzato sono rimasti sostanzialmente invariati a ottobre, nonostante l’aumento dell’offerta. Nel mese, gli spread degli ABS statunitensi si sono leggermente ampliati per i prestiti orientati al consumo, ma gli spread degli ABS orientati alle aziende sono rimasti invariati. Ad ottobre, il mercato europeo delle cartolarizzazioni ha subito un rallentamento, dato il numero limitato di emissioni rispetto al passato. Nel mese, gli spread degli MBS di agenzia hanno continuato ad ampliarsi in quanto la Fed e le banche americane hanno continuato a ridurre le proprie posizioni negli MBS di agenzia statunitensi. Gli spread degli MBS di agenzia a cedola corrente si sono allargati di 1 pb ad ottobre, arrivando a quota +178 pb rispetto ai Treasury USA con duration analoga. Gli spread correnti degli MBS a cedola sono aumentati di 35 pb da inizio anno ad oggi, contrariamente allo spread medio dell'indice dei titoli societari IG statunitensi che è rimasto sostanzialmente invariato.6
Prospettive
Riteniamo che la retorica dei “tassi più alti più a lungo” continuerà a erodere i bilanci delle famiglie, mettendo sotto pressione gli ABS dei beni di consumo e creando ulteriore tensione per le società immobiliari del ramo commerciale. Le opportunità nel settore dei titoli garantiti da ipoteche residenziali a nostro avviso sono più interessanti considerato che gran parte dei mutuatari ha stipulato mutui a tasso fisso a 30 anni a tassi ipotecari sostanzialmente più bassi e che l'apprezzamento delle abitazioni negli ultimi anni ha fatto notevolmente apprezzare il capitale dei proprietari di case. Continuiamo a scegliere titoli di qualità aggiungendo prodotti con rating più elevato e MBS di agenzia garantiti da governi. Valutiamo positivamente gli MBS di agenzia su questi livelli di spread e continuiamo ad aggiungere nei nostri portafogli RMBS di agenzia. Abbiamo inoltre aumentato la duration di portafoglio dati i livelli dei tassi poiché a nostro avviso la Fed dovrebbe aver concluso il suo ciclo di rialzi e i tassi dovrebbero aver toccato i livelli massimi o essere prossimi ai picchi.
I rendimenti dei titoli cartolarizzati restano su livelli storicamente elevati e riteniamo che gli ampi spread offrano una remunerazione più che sufficiente per gli attuali rischi di mercato. Le condizioni dei fondamentali del credito restano stabili malgrado i rischi di recessione; sebbene i tassi di morosità in molte classi di attivo siano in lento aumento, nel complesso sono ancora bassi in termini storici e riteniamo che morosità e insolvenze resteranno su livelli non preoccupanti per gran parte delle tipologie di titoli. Nel settore del credito privilegiamo gli RMBS statunitensi non di agenzia, malgrado le difficoltà legate all’accessibilità economica delle abitazioni. I prezzi delle abitazioni negli Stati Uniti si mantengono stabili, messi a dura prova dal rincaro dei mutui ma sostenuti da una positiva dinamica domanda-offerta. La stabilità dei bilanci delle famiglie e le prospettive sull’occupazione contribuiscono a sostenere i beneficiari del credito e le strategie conservative di concessione dei prestiti sostengono la tesi del credito ipotecario. Rimaniamo più prudenti nei confronti degli immobili commerciali, in particolare per gli uffici, che continuano a risentire negativamente degli sviluppi post-pandemici. Ad ottobre abbiamo leggermente ridotto le nostre posizioni in prodotti cartolarizzati europei e, in generale, l’esposizione europea nel corso dell’ultimo anno.