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Un nuovo approccio di gestione per un nuovo regime di mercato
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Articolo di approfondimento
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maggio 09, 2024
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maggio 09, 2024
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Un nuovo approccio di gestione per un nuovo regime di mercato |
CONCLUSIONI PRINCIPALI
Il nuovo regime dei tassi di interesse e dell’inflazione, che si discosta in modo significativo da quello degli ultimi quarant’anni, rende più difficile il conseguimento di rendimenti stabili. Ciò nonostante, riteniamo che sia un traguardo raggiungibile. In che modo? Ricalibrando il processo d’investimento così da prendere atto di questo cambiamento di regime, integrandolo con sofisticate tecniche di costruzione e implementazione del portafoglio.
Il ciclo di ribassi dei tassi d’interesse durato dal 1981 al 2021, che ha innescato una vigorosa fase rialzista nel mercato obbligazionario, si è ora interrotto bruscamente. Questo cambia tutto. Perché? Per semplificare, i tassi d’interesse sono saliti notevolmente rispetto ai minimi precedenti, rendendo problematica la diversificazione tra azionario e obbligazionario e più difficile la generazione di rendimenti stabili. Riteniamo che ciò sia insostenibile e rappresenti un problema per gli investitori, un argomento di cui abbiamo parlato in dettaglio nel nostro whitepaper: Perché preferire rendimenti corretti per il rischio stabili: perché adesso?
Qual è la buona notizia? Offriamo quella che crediamo essere una soluzione percorribile.
Cercare una soluzione per conseguire rendimenti superiori in un nuovo regime di mercato
Quando gestiamo i portafogli, il nostro obiettivo primario è conseguire rendimenti stabili, concepiti per generare un compounding prevedibile nel tempo. A tal fine, occorre gestire attivamente e in modo flessibile i pesi delle componenti obbligazionaria e azionaria, tenendo conto sia degli obiettivi di rendimento che dei rischi. Ma c’è dell’altro. Dobbiamo costruire portafogli che siano in grado anche di integrare le differenze di stili e di fattori che possono rivelarsi più efficaci in funzione del regime di mercato.
A causa del cambio di regime, ci aspettiamo una correlazione molto più elevata tra i rendimenti obbligazionari e quelli azionari rispetto agli ultimi decenni. Nella Figura 1 si osserva la correlazione a lungo termine tra i rendimenti delle azioni e quelli delle obbligazioni: le correlazioni hanno registrato un notevole aumento negli ultimi anni e riteniamo che rimarranno probabilmente elevate. Questo perché uno dei fattori principali alla base del fenomeno sono i cicli di rialzo dei tassi d’interesse e dell’inflazione e il loro effetto combinato sui rendimenti obbligazionari.
Durante periodi come la fine degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’50, sono state attuate politiche volte a ridurre i tassi d’interesse e ad aumentare il PIL nominale, al fine di ripagare il deficit accumulato dagli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale. Le correlazioni sono conseguentemente calate durante questo periodo. Successivamente, negli anni ’60 e ’70 i rendimenti obbligazionari sono risaliti, accelerando ulteriormente in concomitanza con l’impennata dell’inflazione. Ciò ha portato in entrambi i decenni ad un aumento delle correlazioni tra i rendimenti azionari e quelli obbligazionari, causato principalmente dai cicli dei tassi d’interesse e dell’inflazione.
Analogamente, le correlazioni sono diminuite quando i tassi d’interesse e l’inflazione sono calati in seguito alle politiche di globalizzazione avviate alla fine degli anni ’90. Le correlazioni sono diminuite ulteriormente con l’introduzione del quantitative easing, che ha comportato un notevole abbassamento dei tassi d’interesse, in risposta alla crisi finanziaria globale del 2007-2009. Ora che le politiche volte a mantenere bassi i tassi d’interesse sono venute meno, e considerato anche che l’inflazione è diventata un rischio concreto, è probabile che vedremo queste correlazioni tra i rendimenti aumentare e rimanere elevate per lungo tempo. Ciò costituisce un cambio di regime. Un regime caratterizzato da un’inflazione più alta e da correlazioni più elevate tra i rendimenti azionari e quelli obbligazionari (Figura 2).
Una delle osservazioni chiave da fare sulla Figura 1 è che non è normale – né comune – per le obbligazioni fungere da copertura naturale delle azioni. Al contrario, la loro relazione è estremamente dipendente dal regime di mercato e viene influenzata da fattori esogeni come le politiche monetarie. Come gestori degli investimenti, il nostro timore è che molti possano pensare che gli ultimi 40 anni costituiscano la normalità di “come va il mondo” e che si possa ritornare alla norma di questo passato recente.
Tuttavia, noi abbiamo idee diverse in merito a questo scenario e ricerchiamo soluzioni d’investimento innovative al di là di ciò che viene comunemente ritenuto essere la norma. In altre parole, una maggiore allocazione obbligazionaria non sempre si traduce in un minor rischio per i rendimenti. L’equilibrio dei rischi può variare maggiormente nel tempo in quanto i rendimenti obbligazionari sono meno stabili. Ciò potrebbe risultare evidente da una serie di parametri in cui vediamo una crescita più forte che avvantaggia l’azionario, ma è accompagnata da un discreto aumento dell’inflazione che finisce col penalizzare i rendimenti obbligazionari, cosa che ha già iniziato a verificarsi (Figura 3). A nostro avviso, è necessario riconoscere questo cambio di regime e dar prova della flessibilità necessaria per calibrare la costruzione del portafoglio e conseguire rendimenti corretti per il rischio stabili. Perché? Principalmente perché un equilibrio statico tra azioni e obbligazioni (ad esempio 60/40) potrebbe essere tutt’altro che ottimale quando i tassi d’interesse non tendono più al ribasso.
In questo momento, adottare una gestione attiva e ridurre il rischio possono sembrare due azioni contradittorie agli occhi di alcuni investitori. Tuttavia, la nostra analisi rivela che in un contesto segnato dal costante mutare dei tassi d’interesse, dell’inflazione e delle politiche monetarie, la gestione attiva e l’attenzione per la riduzione del rischio non entrano necessariamente in conflitto. Di fatto, crediamo fermamente che si integrino a vicenda.
Adottare una gestione attiva significa anche capire quando passare da un regime all’altro
La gestione attiva è spesso vista come una serie di modifiche tattiche delle posizioni che compongono una strategia d’investimento. In passato, adottare una gestione attiva significava concentrarsi sulla variazione dei pesi tra azionario e obbligazionario, ma oggi è molto di più. Riteniamo che oggigiorno la gestione attiva implichi la capacità di un gestore di cambiare stile di investimento per rispecchiare un cambio di regime. La gestione attiva che prevede la ricostruzione del portafoglio per adattarlo al giusto regime di mercato è l’essenza del nostro approccio.
A nostro avviso, ci sono quattro modalità per evolvere la nostra strategia Global Balanced Risk Control (GBaR) e aggiungere valore:
I mercati hanno 3 dimensionalità: possono tendere al rialzo, tendere al ribasso o muoversi lateralmente. In altre parole, un mercato può esibire un trend o una mean reversion. Molte strategie sono concepite rigidamente per ottenere risultati migliori in un contesto o nell’altro. Nel nostro caso abbiamo ideato una strategia in grado di sfruttare le opportunità offerte da entrambi i regimi. Dunque per noi non si tratta di una scelta che esclude l’uno o l’altro scenario, ma che punta a trarre vantaggio da entrambi.
E quale dei due è il migliore? A nostro avviso, uno non è necessariamente migliore dell’altro. Ciò che conta per generare risultati migliori nel tempo è la capacità di essere flessibili e di riposizionare un portafoglio che sia in grado di passare da un regime all’altro. Per capire in quale regime si trovano i mercati o, cosa ancor più importante, verso quale regime si stanno dirigendo, occorrono competenze ben precise. Per individuare questi regimi ci affidiamo molto all’analisi top-down del nostro team di ricerca Capital Markets, un team chiave all’interno del più ampio Portfolio Solutions Group.
Possiamo amplificare le caratteristiche di momentum della nostra strategia di controllo del rischio quando il mercato registra un trend, ma possiamo anche ricostruire il portafoglio, posizionandolo per un contesto di mean reversion quando i mercati non esprimono alcun trend. In altre parole, possiamo sostituire il fattore momentum come determinante dei rendimenti con qualcos’altro, ad esempio il fattore value. Di fatto, è ciò che stiamo facendo proprio ora.
Bisogna ribadire che la gestione attiva, che include la ricostruzione del portafoglio per adattarlo al giusto regime di mercato, è fondamentale. Questa è la modifica chiave che stiamo implementando.
La costruzione e l’implementazione di portafoglio determinano l’alpha
Il nostro obiettivo è gestire le elevate correlazioni tra i rendimenti azionari e quelli obbligazionari, laddove le obbligazioni non costituiscono più una copertura delle azioni così efficace come in passato. Questa è una parte della nostra soluzione, ma per completare il processo dobbiamo anche costruire un portafoglio e implementare correttamente l’asset allocation. Facciamo un esempio.
In questo caso, costruiamo i portafogli selezionando le allocazioni ai gestori attivi e lavoriamo con grande impegno per individuare quelle in grado di migliorare le caratteristiche di rischio/rendimento dei nostri portafogli. La selezione dei gestori richiede una comprensione dettagliata del modo in cui vengono generati i loro rendimenti, nonché dei tipi di rischi di investimento che si assumono. La nostra analisi mostra se un gestore ha generato una performance solida attraverso una selezione vincente dei titoli (alpha) o semplicemente attraverso alti livelli di esposizione al mercato (beta).
Per comprendere il profilo di rendimento di un gestore, utilizziamo modelli basati sui fattori. Questi modelli quantificano la percentuale del profilo rischio/rendimento di un gestore che deriva da fattori comuni (i cosiddetti “bias”). Sono esempi di bias di un gestore fattori quali (tra gli altri) paese, stile, settore, volatilità e momentum. Con la modellazione basata sui fattori, isoliamo i rendimenti specifici del gestore (alpha) e i rischi attivi che si assume per ottenere tali rendimenti, che derivano dallo stile di trading distintivo di ognuno. L’analisi dei fattori può aiutare a identificare i gestori competenti, concentrandosi sulle loro capacità di selezione dei titoli, e a controllare meglio il rischio del portafoglio, riducendone la volatilità complessiva.
Le esposizioni ai fattori da parte dei gestori possono non essere in linea con la nostra asset allocation strategica, in quanto potenzialmente negative per gli obiettivi che stiamo cercando di raggiungere. Pertanto, quando costruiamo un portafoglio, dobbiamo gestire e controllare questi bias puntando a ridurre la volatilità del portafoglio in modo da poter offrire una performance persistente e stabile. Il nostro approccio consiste nell’eseguire un processo di ottimizzazione volto a ridurre le esposizioni indesiderate e mantenere l’alpha del gestore. Ciò avviene creando e investendo in un’esposizione diversa, il suddetto paniere tattico, concepito per esprimere i nostri giudizi tattici complessivi sul portafoglio.
Il processo di ottimizzazione esamina i portafogli sottostanti dei gestori, raffronta tutte le esposizioni del portafoglio ai fattori comuni (stile, settore, paese, ecc.) con il benchmark e quindi acquista titoli del benchmark che hanno esposizioni ai fattori “mancanti” nel portafoglio (ossia sottopesate), ma che sono inclusi nel benchmark. Tale approccio cerca di avvicinare le esposizioni ai fattori dei gestori alle esposizioni ai fattori del benchmark.
Ad esempio, se prendiamo la decisione tattica di posizionarci in azioni growth, l’ottimizzazione creerà un’esposizione efficiente, corrispondente alla nostra scelta, anziché inserire altre esposizioni da un gestore che non vogliamo né abbiamo scelto. L’obiettivo del programma di ottimizzazione è quello di rendere efficiente il nostro processo di investimento.
Vogliamo assolutamente mantenere l’alpha di un gestore all’interno della nostra asset allocation. Il rischio attivo che l’ottimizzazione non può neutralizzare mediante la diversificazione è il rischio di stock-picking, che deriva dai singoli titoli selezionati dai gestori sottostanti che non può essere ricondotto a un fattore comune. La selezione dei titoli è la quintessenza del servizio pagato dagli investitori per la gestione attiva.
Così facendo, ciò che rimane agli investitori è un portafoglio costituito principalmente dall’esposizione al rischio di stock-picking, cioè le scelte dei gestori attivi, mentre gran parte dell’esposizione ai fattori a cui non vogliamo essere esposti nel portafoglio è stata neutralizzata. Ciò non significa che non esprimeremo giudizi su questi fattori nel portafoglio, ma che questi saranno espressi come nostre decisioni tattiche.
Per maggiori informazioni, si rimanda ai nostri precedenti whitepaper dedicati a questo argomento: Gestione attiva e modellazione fattoriale dinamica e Nuove dimensioni nell’asset allocation.
Struttura di mercato
Abbiamo dimostrato che la nostra strategia GBaR può conseguire una volatilità dei rendimenti uniforme gestendo attivamente un portafoglio multi-asset. Ma non è sufficiente.
Il nuovo regime di mercato ci impone di evolvere le nostre tecniche di costruzione e implementazione del portafoglio con l’obiettivo di aumentare/raggiungere rendimenti stabili derivanti dall’identificazione e dall’isolamento del beta e dell’alpha dal nostro processo di selezione degli investimenti.
Il vantaggio consiste nel fatto che spostiamo l’attenzione della nostra strategia sull’ottimizzazione della capacità di catturare i rendimenti del mercato, anziché sacrificare i rendimenti solo per rispettare un intervallo di volatilità. In altre parole, la nostra priorità verte sulla cattura dei rendimenti offerti dal mercato, pur mantenendo un metodo rigoroso di controllo del rischio che punta a ottimizzare l’alpha.
In questa tipologia di asset allocation strategica, applicando un simile metodo, il contributo dell’alpha al nostro portafoglio non proviene esclusivamente dal nostro processo di controllo del rischio. Si tratta anche di un’evoluzione importante della nostra strategia d’investimento, perché, oltre al rischio, controlleremo anche l’esposizione di gestione attiva, attraverso i nostri panieri tattici.
In altri termini, stiamo isolando le esposizioni che intendiamo avere nel nostro portafoglio d’investimento e riducendo l’esposizione ai rischi che non vogliamo. Questo ci aiuta a concentrarci sulle caratteristiche di rendimento del portafoglio che corrispondono sia alle nostre opinioni che agli obiettivi dei clienti.
Riteniamo di poter vantare una comprovata esperienza a supporto della nostra capacità di adattamento a regimi di mercato mutevoli attraverso tecniche di costruzione e implementazione del portafoglio, senza mai trascurare il controllo del rischio. Abbiamo inoltre capacità e l’esperienza su più classi di attivo come necessario prerequisito per questa soluzione e per raggiungere gli obiettivi che gli investitori si aspettano dalle nostre strategie.
Conclusioni
Quando i mercati si evolvono, noi dobbiamo evolverci con loro. Ma ciò che è rimasto immutato è il nostro obiettivo di offrire rendimenti stabili e persistenti a prescindere dal regime di mercato corrente o prospettico. Riteniamo che la frontiera efficiente, che illustra il rapporto tra rischio e rendimento, si sia spostata verso il basso e verso destra, rendendo più difficile raggiungere gli stessi rendimenti corretti per il rischio osservati dal 1988 a marzo 2024 (Figura 5). Di conseguenza, dobbiamo impiegare le tecniche di gestione del portafoglio aggiuntive descritte per generare ulteriore alpha e migliorare i rendimenti corretti per il rischio. Ciò è necessario per conseguire rendimenti stabili nel futuro contesto di mercato.
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Chief Investment Officer
Portfolio Solutions Group
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Head of Portfolio Solutions Group
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Executive Director
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